Satana Non Vuole Che Ti Riposi - ADI-Media

Satana Non Vuole Che Ti Riposi

Il Giardino di Eden, laddove il Signore insediò l’umanità per vivere, lavorare e (anche) riposare, fu il più straordinario giardino botanico della storia. A tutti gli effetti, fu il primo vero tempio, un luogo in cui gli uomini dimoravano con Dio godendo di un’armonia perfetta. Questo, almeno in parte, è esattamente ciò che Dio fece in occasione del primo Shabbat: Egli riposò dimorando nel tempio da Lui creato, assieme agli uomini frutto del Suo amore creativo. Quel tempio l’aveva desiderato e ora ne godeva assieme alle Sue creature.

Ovviamente, sappiamo bene quanto durò questa condizione “paradisiaca”; al capitolo 3 del primo libro della Bibbia l’umanità aveva già rovinato tutto venendo espulsa dal tempio-giardino e costretta a vivere in un mondo segnato dal peccato.

Eppure, mentre Dio si impegnava a riaccogliere un popolo alla Sua presenza, in un luogo che sarebbe diventato il nuovo tempio, persino la nazione che si era appartato, erigeva in continuazione degli altari, cercando di ripristinare ciò che aveva perso con la cacciata dall’Eden. In seguito, il popolo di Dio avrebbe costruito il tabernacolo (un grande tempio mobile) e parecchio tempo dopo, a Gerusalemme, sarebbe stato costruito il vero e proprio tempio. I suoi arredi, i fregi, il suo orientamento…ogni dettaglio richiamava quella condizione edenica. Quando veniva svolta l’adorazione al tempio? Durante lo Shabbat. Il luogo in cui era reso il culto e il tempo dell’adorazione convergevano: il tempio era il luogo, lo Shabbat era il tempo.

Quando Dio ha creato il mondo, ha dato inizio al tempo e solamente da quel momento possiamo ragionare in termini di spazio. Il Giardino era quella sorta di tempio, lo spazio, in cui Dio avrebbe incontrato il Suo popolo, lo Shabbat sarebbe stato il tempo in cui sarebbe avvenuto quell’incontro. Per questo motivo Dio istituì il riposo, per indicare al Suo popolo il tempo che avrebbe dovuto trascorrere con Lui.

Il Signore è ovunque, eppure Egli era presente nel Suo tempio in modo unico e del tutto speciale. Era lo spazio privilegiato riservato al Suo popolo, il luogo in cui avrebbe potuto incontrarlo.

Oggi, noi cristiani non abbiamo un tempio poiché, dopo Pentecoste, noi stessi siamo diventati il tempio. In altre parole, tutte le bellissime promesse di Dio di cui troviamo traccia nella Bibbia, relative al giorno in cui avrebbe dimorato con il Suo popolo (cfr. Esodo 29:45; Geremia 27:7, 31, 33) si sono avverate. L’apostolo Paolo dice ai credenti di Corinto: “Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?” (I Corinzi 3:16). Noi siamo il tempio; ma abbiamo il tempo (o meglio, ci creiamo il tempo) per stare con il Signore?

Questo è il riposo biblico: il tempio del tempo.

Il riposo è diverso da quello che si potrebbe pensare, e più importante di quanto si possa immaginare.

Il riposo e i suoi ostacoli

Se fossi Satana e avessi come obiettivo principale quello di fare in modo che i cristiani siano inefficaci, cercherei di convincerli, con le migliori argomentazioni, di recarsi raramente (o addirittura mai) nel tempio del tempo. Prendiamo in considerazione alcune delle strategie più subdole adottate nei nostri confronti.

1.“Io sono quello che faccio” (la falsa virtù dell’essere impegnati)

Si tratta si una delle bugie più ingegnose a cui il mondo moderno presta ascolto: se si è impegnati si è sicuramente delle persone migliori. Abbiamo sviluppato una sorta di dipendenza dagli impegni. Nel mondo occidentale siamo riusciti a prendere qualcosa che, in quasi tutte le culture era considerato un vizio e, a forza di ripetere all’infinito una bugia, l’abbiamo trasformata in virtù! “Questa settimana sono così impegnato”, ma in realtà stiamo dicendo “vedi come sono importante. Ho un sacco di cose da fare e devo cercare di farle tutte”.

Alcuni di noi hanno persino l’audacia di lamentarsi con Dio dei propri impegni, utilizzandoli come scusa per non fare la Sua volontà. Se ci pensiamo un attimo, tutto questo è paradossale: Dio ha creato letteralmente ogni cosa e continua a sostenere l’universo per mezzo della Sua potente Parola; Egli controlla la storia, presta ascolto a ogni preghiera, sovviene ai nostri bisogni, tiene la contabilità dei capelli che spuntano dal nostro capo (anche di quelli che cadono a causa dello stress).

E noi ci lamentiamo perché siamo impegnati?

Le persone spesso mi ricordano quanto io sia impegnato: “Pastore, avrei voluto chiamarti per chiederti un consiglio, ma so che sei troppo impegnato”.

In genere sorrido e rispondo: “Non sono più impegnato di quanto lo sia tu”.

Mi guardano con un’espressione perplessa, come se avessi rifiutato un complimento; ma non si tratta di un complimento, è semmai una colpa e un modo per essere complici del peccato.

Ogni volta che qualcuno mi ricorda quanto sono impegnato, mi ritrovo a pensare “beh, guarda quante cose faccio e quanto sono importante”. Queste parole solleticano dentro di me qualcosa, che non è particolarmente buono, poiché in realtà si tratta di orgoglio. Certo, sono una persona con diversi impegni, perché sono un essere umano che svolge delle attività in modo continuo. Di fatto, essere impegnati non è di per sé una virtù. In realtà può diventare un vizio di cui Satana si usa per tenermi lontano dal Signore in cambio di una mole di lavoro che, se glielo permetto, finirà col consumare la mia vita. Le stesse persone che hanno trovato salvezza in virtù della grazia del Salvatore, le cui ultime parole sono state: “è compiuto”, hanno cercato di aggiungere a quelle ultime parole una postilla: “Non ancora”.

Il riposo biblico è un tempo per esserci, senza essere dominati dagli impegni. Dire “ho troppo da fare per riposare” è un po’ come dire “ho bisogno di troppo ossigeno per respirare”. Non ha assolutamente senso.

2. “Dio mi ha dato troppe cose da fare!” (il riflesso dello stacanovista religioso)

Alcuni di quelli che hanno preso in mano questo libro sul riposo sono consapevoli di averne bisogno; eppure il solo fatto di parlare dell’importanza del riposo può disturbare, poiché parecchi non riescono a fermarsi.

“Si tratta di un’altra cosa da fare per il Signore”, direste voi, “non è un lavoro qualsiasi”.

Siamo impegnati con i figli, il lavoro, la scuola, la chiesa, cercando di essere fedeli a Dio. Come si può pretendere di prendere un giorno di riposo, avendo lavorato duramente per fare tutte le altre cose che Egli ci richiede? È un po’ come Faraone che obbliga gli Ebrei a costruire i mattoni procurandosi la paglia da soli, pur mantenendo lo stesso ritmo (Esodo 5:1-21).

Ma è molto probabile che ci stiamo nascondendo. Nel libro di Peter Scazzero, Emotionally Healthy Spirituality (Spiritualità emozionalmente sana), sono elencati diversi fattori che segnalano una spiritualità patologica dal punto di vista emotivo. Uno dei sintomi si evidenzia quando usiamo Dio per nasconderci da Dio. Ovvero, alludiamo al fatto di adempiere la volontà del Signore essendo dei buoni genitori, lavorando e dedicandoci al servizio cristiano per nasconderci da Dio stesso, evitando di fermarci per rimanere in disparte con Lui.

Nella sua accezione più deleteria, l’espressione “fare le cose per il Signore” implica l’impegno in un campo specifico ma ci lascia quella strana sensazione di esserci guadagnati le benedizioni divine; oppure ci permette di nasconderci dal fatto che non siamo sicuri di conoscere davvero Dio. Se non riusciamo a fermarci, forse stiamo vivendo proprio questa situazione.

Il riposo non è un atto religioso da aggiungere alla lista, non è un dovere da adempiere; è un piacere che va vissuto. Se non siamo in grado di riposare poiché troppo impegnati a fare le cose per il Signore, esaminiamo quelle non necessarie e smettiamo di farle, in modo da ubbidire a questa esortazione divina per poter riposare con Lui. Il nemico delle nostre anime vuole utilizzare questa menzogna per sabotare la nostra relazione con il Signore, e lo farà ricorrendo a ogni mezzo, soprattutto facendo ricorso alle attività più “buone”.

3. “Se mi fermo le cose non andranno bene” (il falso paradiso)

Ci sono migliaia di modi per raggiungere il “paradiso”.

Lavoriamo troppo? Meglio lavorare ancora di più, così, quando andremo in pensione, potremo goderci quel paradiso.

Siamo stressati a causa dei figli? Impegniamoci ancora di più, per essere dei genitori super, in modo tale da avere accesso al paradiso dei figli perfetti.

Ci sentiamo soli? Perché non passare migliaia di ore in palestra per diventare dei predatori sessuali, in splendida forma, entrando a pieno titolo nel paradiso del sesso occasionale?

Ci sono molti libri, seminari e tecniche concepite per aiutarci a ottenere le cose di questo mondo che sembrano prometterci quel paradiso tanto agognato.

Inutile dirlo, nessuno di questi “paradisi” esiste realmente.

I pensionati non prendono congedo dalla vita, e spesso quando vanno in pensione scoprono che l’unica cosa che è cambiata è che non c’è più il lavoro in grado di coprire il dolore della loro anima. Questo non è riposo.

I figli perfetti non esistono. Non possono essere modellati da quei genitori che perdono il sonno cercando gli strumenti migliori per modellare dei figli impeccabili. Questo non è riposo.

Il paradiso estetico non esiste. Possiamo andare in palestra quanto vogliamo, possiamo mangiare il cibo migliore, ricorrere alla chirurgia plastica e avere tutti i rapporti sessuali che vogliamo; ma scopriremo che il corpo dei nostri sogni continuerà a invecchiare, ad ammalarsi a essere segnato dalle rughe e infine a morire. Questo non è riposo.

La verità è una sola: per poterli raggiungere, tutti questi falsi Shabbat richiedono un impegno aggiuntivo, senza la possibilità di ottenere riposo; ma quando li raggiungiamo (il denaro, la famiglia, il corpo, ecc.) non portano con loro quel riposo promesso. Erano solamente delle menzogne.

Mi è capitato spesso di osservare le persone ricche e di successo. Un uomo in particolare, con una quantità di denaro straordinaria, al punto che non sapeva più cosa farne, si godeva la sua agiatezza: aveva sempre una ragazza nuova e cambiava automobile con regolarità. Eppure, dopo qualche tempo, tutti quegli anni spesi inseguendo un paradiso inesistente gli presentarono il conto, e i suoi sogni svanirono. Morì ammalato, da solo. Il suo funerale fu di una tristezza disperante.

Tutte queste cose (il lavoro, il denaro, i figli, la salute, il sesso, il cibo…) sono buone, il Signore le ha create per noi. Eppure, se sono ricercate in modo smodato e con delle motivazioni errate, non ci daranno riposo, anzi sono destinate a distruggerci.

Il vero riposo è diverso da ciò che si pensa; e spero che possiate comprendere che è più importante di quanto si possa immaginare.


Articolo tratto da “L’Arte del Vero Riposo”