L’abuso è una delle esperienze che causano traumi e può manifestarsi in molteplici forme. Siamo soliti associare il termine a violenze fisiche, in particolare di natura sessuale, e dobbiamo ovviamente tenerne conto, tuttavia esistono forme di abuso più sottili e spesso trascurate. Tutti gli abusi hanno una dimensione emotiva: chi zittisce, umilia, svaluta, manipola, costringe o inganna ripetutamente un’altra persona le infligge, di fatto, un abuso. Naturalmente, tutto questo può manifestarsi in diversi gradi e modalità: non ogni comportamento spiacevole rientra in questa categoria, ma schemi di questo tipo possono raggiungere livelli terribili e avere conseguenze devastanti.
Profili legali
Nel Regno Unito, la legge Serious Crime Act del 2015 stabilisce pene detentive fino a cinque anni per “chi mette in atto comportamenti coercitivi o di controllo nei confronti di un partner o di un familiare”. Al di là delle opinioni sulle singole applicazioni della legge, essa riconosce giustamente la gravità di tali condotte troppo spesso sottovalutate. Il comportamento coercitivo è definito come “una serie di atti di aggressione, minaccia, umiliazione o intimidazione, o altre forme di abuso, usate per ferire, punire o spaventare la vittima” e mette in evidenza il legame tra abuso fisico e psicologico. Questa legislazione riflette una crescente consapevolezza pubblica dei danni estremi causati dall’abuso emotivo, una presa di coscienza che è diventata evidente anche nei temi affrontati all’epoca in alcune serie televisive trasmesse dalla nota emittente BBC. Il 17 giugno 2017, il quotidiano britannico The Independent ha pubblicato un articolo che rivelava un aumento del 200% delle segnalazioni di abusi emotivi sui minori in soli sette anni, in concomitanza con i tagli ai servizi di protezione dell’infanzia. Il sottotitolo dell’articolo offre un’immagine cruda ma vera di questa realtà: “Aumento devastante di segnalazioni di genitori che dicono ai figli di odiarli o di desiderare la loro morte”. Le statistiche nordamericane sull’abuso infantile non sono meno scoraggianti, anche se non riescono a rappresentare la reale entità del problema. Il sito web della American Society for the Positive Care of Children (SPCC) ammette che la segnalazione degli abusi emotivi è ostacolata dalla scarsa consapevolezza di cosa rientri effettivamente in tale categoria, evidenziando l’urgenza di una maggiore informazione pubblica.
La situazione in Italia
I riferimenti ufficiali e più recenti (con qualche numero chiave) sull’Italia; includono anche componenti di abuso/emozionale-psicologico.
• ISTAT – Violenza contro le donne (aggiornamenti 2023–2024): quadro di prevalenza e tendenze. Per esempio, hanno subìto violenze fisiche o sessuali da partner/ex il 13,6% delle donne; l’ISTAT pubblica, inoltre, focus periodici e tavole dedicate.
• Numero 1522 (Dipartimento Pari Opportunità, tavole ISTAT): monitoraggio su chiamate/aiuti. Nel IV trimestre 2024, tra chi si rivolge al 1522 il 72,9% non denuncia alle autorità (under-reporting); tra i motivi, paura/reazioni dell’autore (38,5%).
• Minorenni maltrattati – III Indagine nazionale (AGIA–ISTAT–Terre des Hommes/CISMAI, pubblicata 11 giugno 2025): al 31/12/2023 in carico ai servizi sociali 374.310 minorenni, di cui 113.892 vittime di maltrattamento (30,4%; +58% rispetto al 2018). Tipologie: trascuratezza/neglect 37%, violenza assistita 34%, violenza psicologica 12%, maltrattamento fisico 11%, abuso sessuale 2%. (La “violenza psicologica” copre l’abuso emotivo).
• Ministero dell’Interno – Servizio Analisi Criminale (report trimestrali 2025): dati su omicidi volontari e violenza di genere (trend, quota partner/ex partner, variazioni anno su anno). Utili per il quadro di gravità estrema.
• Accessi sanitari (0–17 anni) — Report ISTAT su Pronto Soccorso e ricoveri (anni 2017–2023): 6.024 accessi PS con diagnosi riconducibili a violenza (64% femmine) e 4.245 ricoveri ordinari (57% maschi). In PS, la violenza sessuale è la causa principale degli accessi (34,5%; 46,3% tra le femmine), mentre la violenza psicologica è la più frequente nei maschi (36,0%). Oltre metà dei casi con autore noto avviene in ambito familiare.
• Tendenze istituzionali — Il Ministero dell’Interno pubblica aggiornamenti trimestrali su omicidi e violenza di genere (utile come quadro di gravità estrema); Terre des Hommes sintetizza annuamente i reati contro minori (quasi 7.000 nel 2023, +34% in dieci anni).
L'abuso emotivo
L’abuso emotivo si manifesta quando le persone vengono sistematicamente ridotte al silenzio, private della possibilità di esprimere bisogni o emozioni e trattate, o persino esplicitamente dichiarate, come non amate. L’impatto può avere conseguenze ancora più devastanti se, oltre a ciò, le vittime subiscono anche bullismo o umiliazioni pubbliche, perché chi abusa spesso riconosce e sfrutta la loro vulnerabilità. Tragicamente, le conseguenze dell’abuso emotivo si estendono ben oltre l’infanzia e la vita delle persone abusate segue spesso un circolo vizioso. Un importante studio condotto dai Centers for Disease Control (CDC) di Atlanta, noto come studio sulle Esperienze Infantili Avverse (ACE) ha mostrato che “le donne, con una storia di abusi o trascuratezza durante l’infanzia, hanno una probabilità sette volte maggiore di essere vittime di stupro in età adulta”. Il trauma infantile, dunque, aumenta la possibilità di accumulare esperienze traumatiche nel corso della vita. Come cristiani, siamo chiamati a scorgere le ferite invisibili dell’anima e la sofferenza spirituale che inevitabilmente seguono l’abuso emotivo.
Conseguenze dell'abuso
Mentre l’abuso fisico o sessuale è evidente, quello emotivo è spesso subdolo e invisibile e può insinuarsi persino nelle relazioni all’interno della chiesa, che invece dovrebbero riflettere l’amore non coercitivo di Gesù. Eppure, troppo spesso non lo riconosciamo nemmeno. Chi ha subito abusi può avere difficoltà a percepire nei testi biblici in cui Paolo e Pietro parlano di rispetto e libertà, non di coercizione, l’eco di un linguaggio realmente non oppressivo (cfr. II Corinzi 9:7; Filemone 14; I Pietro 5:2). Quando il trauma emotivo lascia nell’anima un’eredità di terrore e isolamento, la presenza di Dio sembra scomparire. Chi ha subito abusi emotivi può arrivare a concludere che Dio non c’è, perché nella propria esperienza di vita è mancata la presenza amorevole di chi avrebbe dovuto prendersi cura di lui. Oppure può pensare che Dio ci sia, ma che non sia disposto ad aiutare, perché così si è percepita la presenza fredda e impotente di chi avrebbe dovuto sostenere e non lo ha fatto. Altri ancora arrivano a credere che Dio esista, ma che sia una figura spaventosa, perché nella Sua presenza rivivono inconsciamente la memoria emotiva del terrore.
Immaginiamo l’esperienza traumatica come una matassa di fili aggrovigliati. Ogni filo rappresenta una ferita significativa, un abuso subito. L’accumulo di dolore, come l’accumulo di questi fili, crea un groviglio sempre più difficile da districare. Un singolo episodio di violenza sessuale è già di per sé gravemente traumatico, ma essere intrappolati in una relazione in cui la violenza è ricorrente e imprevedibile significa vivere ondate continue di orrore negando ogni possibilità di trovare rifugio e di avviare il processo di guarigione.
Confini e confusione
L’abuso può essere palese o sottile. La violazione dei confini personali, evidente nel caso dell’abuso fisico, può essere più subdola nell’abuso emotivo, dove il senso di possesso del proprio corpo e della propria identità viene lentamente eroso. Questa erosione prepara spesso la strada a violazioni più esplicite dei confini fisici. La nostra cultura contemporanea, con la sua ossessione per la sessualità e l’assenza di chiari confini etici, rende ancora più difficile capire dove finisca la libertà e dove cominci la violazione. Anche nella nostra società apparentemente “senza pudore”, la violenza sessuale porta con sé una profonda vergogna che contraddice la logica del “tutto è lecito” e rende il dolore ancora più confuso e paradossale. Districare i fili dell’abuso è un percorso lungo e complicato, anche a causa della sua natura progressivo, che spesso evolve dal piano psicologico a quello fisico – un pattern ricorrente.
Il carico della vittima
Le vittime, sopraffatte, possono essere accecate dalla vastità del proprio vissuto e non riuscire a cogliere gli strati più nascosti del proprio dolore. Anche il danno fisico causato dall’abuso sessuale può essere trascurato, poiché l’attenzione viene concentrata soltanto sulla componente sessuale dell’atto. Il dolore emotivo si acuisce quando viene meno la fiducia in chi avrebbe dovuto proteggere. Deprivata del rifugio sicuro del focolare domestico, la vittima vede minata la base della sua serenità e del suo benessere. Se l’abusatore occupa una posizione di fiducia, il tradimento stesso costituisce un ulteriore trauma da affrontare. E se chi abusa esercita un’autorità spirituale, si aggiunge una forma di prevaricazione spirituale che può minare la capacità del sopravvissuto di fidarsi di chiunque ricopra ruoli di responsabilità spirituale per anni. Ogni forma di abuso aggiunge un ulteriore peso di stress e dolore: più sono le forme di abuso sperimentate, maggiore è il carico che la vittima deve sostenere e più fragile diventa la sua capacità di farvi fronte.
La perdita di sé
Con ogni trauma si subiscono delle perdite. Nei traumi legati a grandi eventi, le perdite sono visibili: una disabilità, un lutto, la privazione della casa, ma nell’abuso le perdite sono nascoste e non riconosciute. Chi è stato abusato spesso sente che la propria identità è stata irrimediabilmente danneggiata, come se dentro di sé fosse diventato “difettoso” in modo irreparabile. Questa percezione post-traumatica viene vissuta come indelebile, personale e unica, un’etichetta che marca la vittima come una persona deplorevole, degna di disprezzo, anche quello di Dio. Come si può misurare la perdita del senso di un sé sano e integro? Come si può descrivere la perdita del senso di sicurezza e di benessere che deriva da un mondo percepito come buono e stabile? Il trauma è un male sottile ma profondo e la sua malvagità si manifesta con maggiore gravità quando coinvolge un bambino.
Come aiutare le vittime di traumi e abusi
“Trauma” e “abuso” non sono concetti astratti, ma ferite che segnano il corpo, la mente e lo spirito.
Con un linguaggio chiaro e profondo, Susan L. e Stephen N. Williams spiegano perché il trauma non è una “questione di carattere” e come alteri la memoria, l’attenzione, il sonno e le relazioni.
Inoltre, illustrano come i meccanismi di difesa (negazione, evitamento e dissociazione) siano nati per aiutare a sopravvivere, ma possano anche essere degli ostacoli.
Un libro che unisce competenza clinica e saggezza biblica e aiuta le chiese a diventare luoghi sicuri, non coercitivi e capaci di prendersi cura delle persone, offrendo ascolto, aiuto e parole che non colpevolizzano, ma delimitano dei confini, e soprattutto offrono speranza radicata in Cristo.
Un percorso per proteggere con compassione, curare con competenza e confidare nella potenza del Vangelo.