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Non avere paura del dubbio
Il dubbio è biblico, e va accolto senza vergogna


“O Eterno, perché te ne stai lontano? Perché ti nascondi in tempo d’angoscia?” (Salmo 10:1)

In questa fase della tua vita, è normale sentirsi turbati dalla quantità di domande che ti vengono spontaneamente in mente o che ti vengono poste da compagni di corso, vicini o colleghi e che probabilmente non hai mai affrontato prima. Forse è la prima volta che devi lottare davvero per la tua fede cristiana. A volte ti senti confuso, dubbioso, a disagio o addirittura in ansia per la tua fede, e si tratta di esperienze completamente nuove.

Non pochi credenti sono convinti che chi lotta con dubbi o domande su Dio, sulla Sua bontà, sulla Sua sovranità, sulla Sua presenza o su qualsiasi altro dei Suoi attributi, sia immaturo e non stia “andando bene” nel proprio cammino con il Signore. Seppure in qualche occasione sia vero, è importante non trarre conclusioni affrettate sulla condizione del rapporto di una persona con Dio senza prima aver conosciuto i fatti. 

Lavoro per un’organizzazione evangelistica cristiana e il mio campo missionario principale è rappresentato da ragazzi di una particolare fascia d’età che va orientativamente dai diciotto ai ventotto anni. Nel tempo, ho avuto molte opportunità di scegliere dei giovani per sviluppare vari aspetti ministeriali, nello sforzo di contribuire all’adempimento del Grande Mandato (Matteo 28:18-20). Qualche anno fa, è accaduto anche nell’ambito di una squadra che stavo guidando. Una studentessa di nome Maisie era stata proposta come responsabile di un tempo incontro settimanale dedicato alle donne, al quale avrebbe partecipato una ventina di universitarie cristiane, con l’obiettivo di riflettere sulla femminilità in chiave biblica. Quell’appuntamento settimanale sarebbe stato interamente condotto dalle studentesse e Maisie era proprio il tipo di responsabile di cui avevamo bisogno per svolgere quel ministerio specifico.

Tuttavia, durante l’incontro finalizzato alla selezione, un membro dello staff disse che Maisie stava attraversando un periodo di dubbi riguardo a Dio e alla Sua bontà. Una volta ricevuta questa segnalazione, io e gli altri collaboratori eravamo dell’avviso che ciò cambiava il nostro punto di vista sul suo potenziale ruolo di leadership e avevamo quindi proposto degli altri nomi in vista di un futuro incarico. A quel punto, un altro membro dello staff ci interruppe dicendo: “Aspettate un attimo. Il semplice fatto che Maisie si stia ponendo una serie di interrogativi dovrebbe squalificarla dalla conduzione del gruppo delle donne?”.

Era un’ottima domanda, che per la prima volta mi ha fatto riflettere sul dubbio in modo più approfondito. In passato, credevo che chi dubitava fosse spiritualmente debole e privo della fede necessaria per definirsi un seguace consacrato a Cristo. Dal mio punto di vista errato, dimenticavo i periodi di dubbio che avevo vissuto nella mia vita e anche gli esempi di dubbio chiaramente disseminati nelle pagine delle Scritture. 

Maisie non era diventata una collaboratrice di livello inferiore soltanto perché stava lottando con qualche dubbio. Anzi, il fatto di aver condiviso le proprie difficoltà con gli altri aveva dimostrato la sua grande attitudine alla leadership e tutti noi avremmo dovuto coglierlo.

La Bibbia ci aiuta a chiarire la confusione che proviamo quando ci troviamo di fronte al dubbio, non soltanto parlandone in modo specifico, ma anche fornendoci dei modelli facili da individuare che spiegano ciò che si pensa e si dice quando si dubita. 


Il dubbio è un elemento comune nei Salmi

Prendiamo le mosse dal Libro dei Salmi. Quando sono diventato cristiano, durante il mio primo anno di università, i Salmi, con la loro cruda sincerità, sono diventati per me un’oasi rassicurante di onestà poetica. Nei mesi successivi alla mia conversione a Cristo, era il libro che aprivo per primo quando mi dedicavo alla preghiera personale, perché sentivo che, mentre leggevo i Salmi, essi leggevano me.

Amavo il modo in cui si rivelavano “umani”. Mi rivedevo nelle loro parole. Quando un salmo descri-veva in modo scandaloso la rabbia o il disorientamento nei confronti di Dio, era come se riuscissi a cogliere dei riflessi del mio stato d’animo. Un ottimo esempio di ciò che intendo è il Salmo 13 (un salmo di Davide):

“Fino a quando, o Eterno, mi dimenticherai? sarà egli per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando avrò l’ansia nell’anima e l’affanno nel cuore tutto il giorno? Fino a quando si innalzerà il mio nemico su di me?” (Salmo 13:1, 2).

Sostanzialmente, Davide chiede a Dio se Gli importi della sua vita. Mette in discussione la tempestività dei Suoi interventi, la Sua sovranità e la bontà che dovrebbe contraddistinguerlo, il tutto raccolto in soli due versetti. Dedica intenzionalmente del tempo a mettere su carta i recessi più oscuri dei propri processi mentali e, così facendo, diventa in qualche modo il modello di un’umanità costretta a vivere in un mondo peccaminoso.

Anche io mi sono posto alcune di queste domande, certamente non con la stessa retorica poetica del re Davide, ma le ho poste. Durante i momenti più difficili della mia vita, ho detto in preghiera: “Dove sei, Dio? Ti ricordi di me? Fino a quando dovrò sopportare questa miseria? Quando finirà tutto questo dolore?”.

Quando ero in preda al dolore e avevo sottoposto Dio al mio interrogatorio, sentendomi in colpa per aver dubitato del Suo amore, leggere un salmo come questo mi ha sempre dato conforto. È rassicurante sapere che Colui che è stato definito un “uomo secondo il cuore di Dio” (cfr. I Samuele 13:14), ha dubitato esattamente come è accaduto anche a me.

Questo non è l’unico Salmo in cui emerge un dubbio nei confronti di Dio; esempi analoghi si trovano praticamente in tutto il Salterio. Nel Salmo 10:1, lo scrittore chiede a Dio perché si nasconda nel tempo dell'avversità. Nel Salmo 22:1, 2 (quello che Gesù cita dalla croce) si chiede a Dio perché abbia abbandonato Davide. Nel Salmo 74:1, Asaf si domanda perché Dio lo abbia respinto per sempre. Nel Salmo 77:7-9 ci si chiede se l’amore di Dio sia cessato una volta per sempre. Le ricorrenze sono decisamente numerose (per esempio nei Salmi 79:5; 88; 94:19 e 137).

Il Libro dei Salmi ci mostra che il dubbio è comune e ci permette di esplorare i nostri sentimenti negativi; a volte, potremmo dire che ci costringe a farlo. Una volta ho sentito un pastore affermare che “i Salmi ci danno il permesso di lamentarci tra le braccia di Dio”.  In questo caso, la metafora ci restituisce un’immagine plastica, che mi colpisce, perché riesco a immaginare di piangere con il viso sprofondato sul petto di Dio, mentre grido: “Perché hai permesso che mi accadesse tutto questo?”. 

Riesco a immaginarlo con una certa facilità, perché qualche anno fa mi è accaduto qualcosa di simile. Soffro di dolore cronico a causa di un’ernia del disco nella zona lombare che preme sul nervo sciatico. È una battaglia quotidiana. Un giorno, dopo circa tre anni di sofferenza, ero in bagno, in lacrime, con il viso e la testa affondati tra gli accappatoi appesi al gancio. Battevo la testa contro il muro, attutendo i colpi con gli asciugamani, e a voce alta ho detto: “Hai mai ascoltato almeno una di tutte le mie preghiere degli ultimi tre anni? Dove sei, Dio? Perché non mi aiuti?”. 

Perciò lo comprendo. Perciò mi piace quando i Salmi diventano estremamente reali, perché capisco di essere in buona compagnia quando lotto con lo stesso tipo di dubbi che affliggevano il re Davide e mi trovo a pormi le stesse domande del Salmo 22. Il dubbio e il dolore possono spingerci all’isolamento, ma i Salmi ci ricordano che, quando dubitiamo, non siamo soli.


Sii onesto con Dio

Evan, uno studente universitario che incontravo occasionalmente, mi ha confessato di avere dei dubbi sull’esistenza di Dio a seguito della morte di un suo amico in occasione di un incidente automobilistico. Era arrabbiato con il Signore per aver permesso la morte del suo amico e, di conseguenza, si chiedeva se Dio esistesse davvero. Si sentiva in colpa per questi pensieri ma, all’improvviso, i suoi dubbi erano diventati assillanti. Da un giorno all’altro, quel cristiano allegro, che amava Dio, leggeva la Bibbia e parlava a tutti della propria fede, aveva iniziato a mettere seriamente in discussione la validità del cristianesimo e perfino l’esistenza di Dio. Il fardello della fede gravava sulle sue spalle e, in un attimo, si convinse che la vita sarebbe stata più facile se non avesse dovuto portare con sé quel peso, ovunque andasse.

Ho percepito la profonda angoscia che il ragazzo stava provando e gli ho espresso la mia gratitudine per la sua sincerità. Una delle cose peggiori che avrebbe potuto fare era tenersi dentro tutte quelle paure e quei dubbi, dando loro l'opportunità di crescere e inasprirsi. Con il tempo, quasi certamente avrebbero avuto la meglio, stremando la sua fede. 

Tutto questo mi ha ricordato l’onestà di Abacuc di fronte a Dio, mentre vedeva che intorno a sé l’ingiustizia dilagava senza freno:

“Fino a quando, o Eterno, griderò, senza che tu mi dia ascolto? Io grido a te: ‘Violenza!’, e tu non salvi. Perché mi fai vedere l’iniquità e tolleri lo spettacolo della perversità? Mi stanno davanti rapina e violenza; ci sono liti e nasce la discordia” (Abacuc 1:2, 3).

Sono legato in modo particolare a queste parole, perché mi ricordano i pensieri che io stesso ho elaborato in passato e ciò di cui mi aveva parlato Evan quel giorno. Abacuc sembra dire: “Dio, tu dici di essere buono e di prestare ascolto alle grida del tuo popolo, ma guardati intorno. Tutte le prove dimostrano esattamente il contrario. Dubito che tu sia buono e che ti interessi raddrizzare tutti i torti”.

Scritture come queste ci insegnano a essere onesti con Dio. Abacuc non riesce a conciliare lo spettaco-lo cui assiste con i propri occhi, con l’idea di un Dio buono e amorevole e quindi, anziché mettere a tacere i propri dubbi, si esprime e ne parla con Lui apertamente. Non lascia che il dubbio diventi un problema totalizzante, che fagocita la sua vita e definisce la tonalità del suo cuore. Si confronta con Dio e parla apertamente con Lui della confusione e della frustrazione che sta sperimentando. Dialoga liberamente con il suo Padre celeste, portando ai Suoi piedi il proprio disorientamento. Come risultato, alla fine di Abacuc 3, Dio dialoga con lui, una conversazione che li avvicina e che, alla fine, porta Abacuc a rallegrarsi nell'Eterno, nonostante le circostanze avverse in cui si dibatte.


Il dubbio nel Nuovo Testamento

Gli episodi di dubbio, però, non sono presenti soltanto nell’Antico Testamento; ne troviamo anche nel Nuovo. Quasi a metà del capitolo 9 del Vangelo di Marco, troviamo una storia interessante che parla di dubbio e nella quale è coinvolto anche Cristo:

“Glielo condussero; e come vide Gesù, subito lo spirito lo contorse con delle convulsioni; e caduto in terra, si rotolava schiumando. E Gesù domandò al padre: ‘Da quanto tempo gli avviene questo?’. Ed egli disse: ‘Dalla sua infanzia, e spesso l’ha gettato anche nel fuoco e nell’acqua per farlo morire; ma tu, se puoi fare qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci’. E Gesù: ‘Dici: “Se puoi”?! Ogni cosa è possibile a chi crede’. E subito il padre del fanciullo esclamò: ‘Io credo; sovvieni alla mia incredulità’. E Gesù, vedendo che la folla accorreva, sgridò lo spirito immondo, dicendogli: ‘Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non vi rientrare più’. Lo spirito, gridando e straziandolo forte, uscì; e il fanciullo rimase come morto; e quasi tutti dicevano: ‘È morto’. Ma Gesù lo sollevò ed egli si alzò in piedi” (Marco 9:20-27).

Noterai che Gesù non rimprovera il padre per il suo dubbio né per la sua incapacità di confidare com-pletamente nella Sua capacità di guarire il proprio figliolo. Quando l’uomo porta da Gesù suo figlio, posseduto da un demone, e Gli chiede se può fare qualcosa per scacciare lo spirito immondo, Gesù risponde dicendo: “Dici: ‘Se puoi’?! Ogni cosa è possibile a chi crede” (Marco 9:23). A quel punto il padre del ragazzo esclama: “Io credo; sovvieni alla mia incredulità” (v. 24).

Mi piace il candore del padre in questa storia e riesco a identificarmi con il fatto che egli creda, pur sapendo che c’è una parte di sé che fatica ad esercitare la propria fede. Perciò, anziché fingere di essere completamente convinto e rivolgere a Gesù delle dichiarazioni di circostanza sulla propria fede, ammette l’esistenza di un elemento di dubbio che deve essere affrontato.

Il risultato dell'onestà del padre è davvero affascinante: Gesù non lo condanna, anzi, ricompensa la sua onesta ammissione dei dubbi che lo attanagliavano. In Matteo 9:25-29, vediamo Gesù scacciare il demone, dopo il ragazzo che sembra morto, ma Gesù lo prende per mano, lo fa rialzare e riaccompagnare a casa. Quel padre aveva appena esclamato: “Sovvieni alla mia incredulità”, e ora Gesù compie il miracolo e trasforma istantaneamente la vita di entrambi.

Gesù non si è lasciato scoraggiare dalle riserve di quell’uomo. Quel genitore aveva bisogno d’aiuto nella sua lotta contro il dubbio, e immancabilmente lo ha ricevuto.

Mi chiedo con quale frequenza noi cristiani assumiamo l’atteggiamento esemplificato in questo brano. Non so tu, ma io spesso non ho la stessa reazione benevola di Gesù quando qualcuno è così sincero e trasparente da esprimere il proprio dubbio. È più probabile che io tenda a polemizzare oppure a giudicare il mio interlocutore poiché non si sta adeguando al modo in cui “dovrebbe vivere” un autentico seguace di Cristo. Questo non è l’atteggiamento giusto, ma sono pronto a scommettere che non sono l’unico cattivo esempio in tal senso.

Per qualche ragione, nella cultura cristiana odierna, siamo derisi per ogni traccia di dubbio che mostriamo, oltre ad essere incoraggiati ad “avere più fede” quando le sfide della vita fiaccano le nostre ginocchia. Secondo la mia esperienza, nel ministerio universitario o nella cultura di chiesa è c’è poco spazio per l’onestà che ci spinge a esclamare senza vergogna: “Sovvieni alla mia incredulità!”.

Eppure, il Nuovo Testamento riporta degli episodi in cui dei figli di Dio lottano con il dubbio in modo sincero e questi esempi ci aiutano a capire che il Signore ci comprende e vuole tenderci la mano nel pieno della lotta. Giuda 22 recita: “Abbiate pietà di quelli che sono nel dubbio”, mostrandoci chiara-mente che dovremmo reagire ai dubbi del prossimo con amore e gentilezza, anziché in modo negativo e all’insegna di un atteggiamento giudicante.


Così come sono

È importante sottolineare che con Dio dobbiamo sempre essere autentici e sinceri. Egli è in grado di sopportare le nostre esternazioni. I nostri dubbi non Lo rendono insicuro e non si innervosisce quando mettiamo in discussione i Suoi metodi. Chi crede che siamo autorizzati a parlare con Dio soltanto quando facciamo tutto alla perfezione, quando spiritualmente indossiamo l'abito buono della domenica, ha una visione errata di Dio dal punto di vista scritturale.

Quando Gesù è morto sulla croce, si è fatto peccato affinché noi potessimo diventare puri. II Corinzi 5:21 afferma: “Colui che non ha conosciuto peccato, Egli l’ha fatto essere peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui”. Questo versetto è spesso definito “il grande scambio”, perché af-ferma che Gesù ha preso su di Sé tutto il nostro peccato e ci ha trasferito interamente la Sua giustizia. Se accettiamo il sacrificio che ha compiuto sulla croce, quando Dio ci guarda, vede la giustizia di Cristo. Siamo completamente liberi di presentarci al Signore così come siamo. Anche se ci sentiamo sporchi, peccatori e indegni di essere onesti con Lui nei momenti di dubbio (o in qualsiasi altro momento), se siamo in Cristo, Egli vede soltanto la perfezione di Suo Figlio, non le nostre impurità.

Nel XIX secolo, Charlotte Elliot lottava con il dolore cronico, la depressione e un profondo senso d’inutilità. A un certo punto, un pastore che le aveva fatto visita le disse: “Devi andare all’Agnello di Dio così come sei”. Lei lo aveva ascoltato, ma aveva rifiutato il consiglio finché, un giorno, aveva ricevuto la rivelazione che Dio non aveva un rapporto con lei in base alla sua utilità. Fu una scoperta decisiva, che l’ispirò a scrivere l’amato inno di fama mondiale “Just as I Am” (Così qual sono).  Questo inno è diventato un punto fermo per gli innari ed è stato abbondantemente usato come canto per gli in-viti alla salvezza durante le campagne evangelistiche di Billy Graham, dagli anni Quaranta al 2005.

I versi di Charlotte sono diventati l’inno dei dubbiosi di tutto il mondo e incoraggiano tutti gli uomini e le donne che vogliono essere onesti con Dio riguardo ai propri dubbi. Esaminiamo nel dettaglio la terza strofa:

Così qual sono, seppur travagliato,
da dubbi e conflitti che ho sempre portato,
con lotte e timori che stringono me,
O Agnel di Dio, io vengo a Te. 

Charlotte Elliot sapeva cosa significasse attraversare una crisi di fede e aveva imparato che, nonostante i suoi dubbi, poteva rivolgersi a Dio così com'era, grazie al sacrificio espiatorio di Cristo: Egli non si sarebbe lasciato scoraggiare da lei né dai suoi dubbi. Questa donna è un modello prezioso ed eloquente di autenticità.


Giovanni il battista

Per concludere questo capitolo, voglio menzionare un altro esempio di “dubbio biblico” che ci aiuterà a capire che, in ogni caso, non siamo soli. Giovanni il battista era un uomo devoto, definito “la voce di uno che grida nel deserto: ‘Raddrizzate la via del Signore’” (Giovanni 1:23; cfr. Isaia 40:3), in quanto ha svolto il ruolo di precursore del Messia.

A un certo punto, Giovanni disse ai propri discepoli di smettere di seguirlo per iniziare a seguire Cri-sto, dopo averlo chiamato “l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29). Inoltre, altrove nelle Scritture leggiamo che, quando non era ancora nato, Giovanni il battista aveva sobbalzato nel grembo di sua madre alla sola presenza di Cristo (cfr. Luca 1:41). Dopo aver battezzato nel Gior-dano il Figlio di Dio, aveva visto i cieli aprirsi su di Lui quando lo Spirito Santo era sceso su di lui (Matteo 3:13-17). In quell'occasione, aveva udito la voce di Dio che diceva riguardo a Gesù: “Questo è il mio diletto Figlio nel quale mi sono compiaciuto” (Matteo 3:17). Alla luce di tutte queste prove, potresti pensare che Giovanni non avrebbe mai dubitato che Gesù fosse Colui che diceva di essere, il Salvatore del mondo.

Tuttavia, perfino Giovanni, a un certo punto, ha avuto dei dubbi.

Alla fine della sua vita, lo troviamo in prigione, di fronte alla minaccia imminente della pena capitale. Chiama due dei suoi discepoli e chiede loro che vadano da Gesù con una domanda ben precisa: “Sei tu colui che deve venire o ne aspetteremo noi un altro?” (Luca 7:19). In pratica, Giovanni sta dicendo: “Voglio credere che tu sia Colui che deve venire, però in questo momento non ne sono sicuro”. 

Come era possibile, dopo tutto quello che aveva visto e a cui aveva assistito? Aveva chiamato Gesù l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Aveva udito la voce di Dio Padre dire dal cielo che Gesù era Suo Figlio. Dopo tutte queste cose, il precursore del Messia dubitava ancora che Gesù fosse veramente il Messia?

Anche se tutto questo potrebbe spingere qualcuno a schernire Giovanni il battista per la sua mancanza di fede, io mi sento stranamente confortato dal suo dubbio. Per quale motivo? Perché se lui ha potuto dubitare e ammetterlo apertamente, al punto che l’episodio è riportato nelle Scritture, allora anch’io ho certamente la libertà di dubitare ed essere onesto a questo riguardo. Sono libero dalla vergogna di am-mettere i miei dubbi e posso camminare onestamente nella mia fede, sapendo che Dio è abbastanza grande da gestire le occasioni in cui dubito di Lui.

Non dimentichiamo come Gesù ha reagito quando Gli sono state riferite le domande di Giovanni: si è mostrato paziente e benevolo. Anzi, proprio nell’ora in cui Gli è stato chiesto se fosse Colui che doveva venire, Gesù ha guarito molte malattie, e sanato ogni sorta di afflizioni di ordine fisico, prima di rispondere tranquillamente alla domanda di Giovanni, dichiarando di essere il Messia (cfr. Luca 7:21-23). Non si è lasciato scoraggiare dal dubbio di Giovanni, ma l’ha usato per compiere un’opera ancora più gloriosa!


Ci sono molti altri esempi che potremmo prendere in considerazione (come Tommaso), ma volevo iniziare dandoti un assaggio dei personaggi biblici che hanno avuto dubbi reali. Nei prossimi capitoli esamineremo più da vicino altri esempi tratti dalle Scritture, ma per ora è importante comprendere che il dubbio è una parte quasi ordinaria dell'esperienza cristiana. È normale, come lo è ospitare qualcuno in casa propria. 

Possiamo considerare il dubbio come un ospite sporadico, che dovrebbe essere accolto con piacere nella casa del nostro cuore. Gli ospiti possono mettere un po' a soqquadro la tua casa, ma poi se ne vanno. Allo stesso modo, il dubbio non dovrebbe mai stabilirsi in modo permanente nel nostro cuore.

Inoltre, il dubbio può renderci più forti. Giacomo 1:3 ci ricorda che le avversità, che possono indurre qualche dubbio, producono costanza, proprio quando la tua fede è sottoposta a prova. Sì, la fedeltà può germogliare dal terreno del dubbio. La Bibbia ci aiuta a comprendere questo passaggio e ci dona la grazia di cui abbiamo bisogno per camminare in modo coerente con Dio, nonostante gli alti e bassi della nostra fede.



Trasforma i tuoi dubbi in occasione di crescita


Troppo spesso i cristiani si sentono in colpa quando si pongono domande come: “Perché Dio permette la sofferenza? La Bibbia è davvero affidabile? Il Signore ci ama davvero?”.


A volte queste inquietudini vengono represse per paura del giudizio altrui, altre volte rischiano di trasformarsi in incredulità.


Con realismo e sincerità, Shelby Abbott mostra che i dubbi non devono essere nascosti né glorificati, ma affrontati. Ci mostra come il dubbio non sia un peso da portare in solitudine, ma un mezzo per rendere più profonda la nostra fiducia in Dio.


Attraverso storie personali, riferimenti biblici e un linguaggio diretto, l’autore ci aiuta a comprendere che la fede autentica non ignora le domande, ma cresce proprio quando si confronta con esse.

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