Una Chiesa che Ama le Donne - ADI-Media

Una Chiesa che Ama le Donne

La chiesa dei primi secoli non avrebbe avuto la meglio sulla pratica dell’aborto, se al tempo stesso non avesse promosso una visione elevata delle donne. Questa è una lezione importante per le chiese di oggi. A causa dell’opposizione del cristianesimo all’aborto, i critici di oggi la ritengono una posizione ostile, che priva le donne di alcuni diritti fondamentali. In modo sorprendente, invece, nella chiesa dei primi secoli era l’opposizione dei cristiani all’aborto e all’infanticidio che la rendeva particolarmente attraente per le donne.

Ecco perché! Quella che pratica l’aborto e l’infanticidio è una cultura che svilisce le donne e non rispetta il loro contributo del tutto “unico”. Non considera la capacità delle donne di essere gravide e generare figli come una potenzialità meravigliosa e straordinaria, ma come una responsabilità, uno svantaggio, una disabilità. Non valorizza e protegge le donne alla luce della loro capacità di procreare, ma cerca di sopprimere le funzioni corporee femminili usando sostanze chimiche tossiche e dispositivi mortali per distruggere violentemente la vita dentro di loro.

La società romana e il cristianesimo

Questa mancanza di rispetto era comune nella società romana ai tempi della chiesa paleocristiana. Rodney Stark, un sociologo della religione, scrive: “Il mondo greco-romano era una cultura maschilista, che aveva una bassa considerazione del matrimonio”. Inoltre, aveva un’opinione assai modesta delle donne, e questo era evidente anche alla luce dell’alta percentuale di aborti, che in quel periodo rappresentavano uno sterminio di massa, non soltanto di bambini ma anche di donne. Allo stesso modo, l’infanticidio era ampiamente praticato. Infatti, i più eminenti pensatori del mondo antico come Platone, Aristotele e Cicerone raccomandavano l’infanticidio, nella convinzione che rientrasse in una politica statale assolutamente legittima.

Gli archeologi hanno scoperto degli scarichi intasati dalle minuscole ossa dei neonati gettati nella fogna. Un articolo di cronaca spiega: “Durante l’epoca romana, non era raro che l’uccisione dei bambini fosse adottata come una normale forma di controllo delle nascite. Non era un crimine, visto che i neonati erano considerati ‘non completamente umani’”. La maggior parte di quei neonati erano ragazze. In effetti, era raro che una famiglia romana avesse più di una figlia. Gli storici hanno scoperto una lettera scritta da un soldato romano nel primo secolo a.C. e indirizzata a sua moglie incinta. In questo scritto ci imbattiamo in una frase emblematica: “Se è un ragazzo, lascia che viva; se è una ragazza, abbandonala” (lasciala morire).

In questo contesto, la chiesa cristiana si è distinta per la sua alta considerazione delle donne. Proibendo l’aborto e l’infanticidio, ha dimostrato di amare il contributo femminile nel portare nuova vita al mondo, trattandolo come qualcosa degno di rispetto e protezione. Le bambine non dovevano essere gettate nella fogna, ma amate e curate, almeno quanto i maschi. I primi cristiani andarono oltre la semplice condanna dell’aborto, salvando e adottando bambini che erano stati abbandonati.

Il cristianesimo non è una dottrina conservatrice. Fin dall’inizio, si è schierato contro le tradizioni del suo tempo. Oggi, come nei tempi antichi, l’aborto e l’infanticidio sono praticati principalmente contro le bambine. L’aborto come selezione sessuale ha determinato un surplus di uomini in diverse nazioni, dalla Cina all’India. Le ragazze hanno anche maggiori probabilità di morire a seguito di malnutrizione e abbandono. Le donne adulte sono soggette alla violenza e alla morte per opera dei mariti e di altri membri della famiglia. Le Nazioni Unite stimano che, a livello demografico, mancano circa 200 milioni di donne.

Alcuni l’hanno etichettato come “gendercidio”.

Un documentario sul tema afferma: “Le tre parole più letali del mondo sono: ‘È una bambina’”. Il mondo ha disperatamente bisogno di una visione che restituisca valore alle donne, e questo è esattamente ciò che fa la Bibbia.

 

“Mettono in comune la mensa, ma non il letto”

In quali altri modi il cristianesimo risultava attraente per le donne? Nella cultura antica, molti matrimoni non erano basati sull’amore. I coniugi erano scelti tenendo in considerazione aspetti come lo status sociale, i diritti di proprietà e gli eredi legali. In netto contrasto, il Nuovo Testamento insegnava agli uomini ad “amare le loro mogli, come la loro propria persona” (Efesini 5:28).

La capacità di “guida” di un marito fu ridefinita come auto-sacrificio, modellata sull’esempio dell’amore sacrificale di Cristo (cfr. Efesini 5:25-33). Gli uomini non dovevano abbandonare le loro mogli ricorrendo al divorzio. Non dovevano abusare delle loro mogli fisicamente o emotivamente: “Mariti, amate le vostre mogli, e non v’inasprite contro di loro” (Colossesi 3:19).

Ai mariti fu comandato di non rincorrere schiavi e prostitute per fare sesso, ma di mantenere rapporti sessuali regolari con le proprie mogli: “Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme” (I Corinzi 7:5).

Il Nuovo Testamento insegnava che gli uomini (non soltanto le donne) dovevano essere fedeli al proprio coniuge: “Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedeltà; poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adùlteri” (Ebrei 13:4), e questo sconvolgeva il mondo antico. Il cristianesimo si differenziava radicalmente poiché insegnava che un marito, con il suo adulterio, di fatto ferisce profondamente la propria moglie. Gesù disse: “Chiunque manda via sua moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se la moglie ripudia suo marito e ne sposa un altro, commette adulterio” (Marco 10:11, 12).

Un trattamento così equo era considerato rivoluzionario. All’epoca, “la gente pensava che gli uomini non commettessero adulterio”, spiega Beth Felker Jones, perché “il corpo delle donne era una loro proprietà e poteva essere ‘preso’ o ‘abusato’” liberamente. Gesù “sfida l’intera economia di mercato che faceva commercio dei corpi, specialmente quelli delle donne. L’adulterio non è un crimine contro la proprietà. L’adulterio è una violazione dell’intenzione di Dio per l’umanità … Gesù accomuna radicalmente l’uomo e la donna nell’unione di una sola carne”.

Allo stesso modo, il cristianesimo introdusse una simmetria che, agli occhi di quella cultura pagana, doveva apparire inaudita: “Il marito renda alla moglie ciò che le è dovuto; lo stesso faccia la moglie verso il marito. La moglie non ha potere sul proprio corpo, ma il marito; e nello stesso modo il marito non ha potere sul proprio corpo, ma la moglie. Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo, per un tempo, per dedicarvi alla preghiera; e poi ritornate insieme, perché Satana non vi tenti a motivo della vostra incontinenza” (I Corinzi 7:3-5). Non era mai stato detto niente di simile in precedenza.

Per sottolineare che stava descrivendo un obbligo, e non un’opzione, in questo brano Paolo prende in prestito il linguaggio giuridico. La parola che è tradotta “dovuto” normalmente si riferisce a un debito di denaro. La parola usata per “potere” descriveva l’autorità statale. La parola “privare” normalmente significava “frodare” o “rifiutare il pagamento”. All’apostolo Paolo non importava che nel mondo antico la libertà sessuale degli uomini fosse considerata del tutto accettabile. Nella Chiesa vigeva una nuova legge: gli uomini erano chiamati alla fedeltà sessuale e all’esclusività, tanto quanto le donne. Si noti che alla donna è stato persino dato “potere” sul corpo del marito, un’idea così radicale che anche oggi pochi riescono a praticarla pienamente.

L’apostolo Paolo prosegue descrivendo la reciprocità del matrimonio con queste parole: “Colui che è sposato si dà pensiero … come potrebbe piacere alla moglie … mentre la sposata si dà pensiero … come potrebbe piacere al marito” (I Corinzi 7:33-34).

In tempi in cui le mogli erano considerate legalmente un possesso dei loro mariti, gli scritti di Paolo apparivano di una radicalità estrema. Elevando lo status delle donne, hanno inferto un duro colpo al doppio standard che era la norma precristiana. E mantenendo il sesso all’interno del matrimonio, l’etica biblica ha rigettato la pratica così abituale dell’aborto e dell’infanticidio. I bambini nascevano in famiglie impegnate ad amare e a prendersi cura di loro.

Un documento del II secolo intitolato “La lettera a Diogneto” riassume i comportamenti sorprendenti che allontanano i cristiani dal mondo pagano: “Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. Mettono in comune la mensa, ma non il letto”.

Veramente qualcosa di radicale.

Nessuna meraviglia che le donne affollino le chiese cristiane. Come scrive Stark: “La donna cristiana sperimentava una sicurezza e uguaglianza coniugale molto più grande di quella di cui poteva godere la sua vicina pagana”. Aggiunge: “Il cristianesimo era insolitamente attraente perché le donne godevano uno status molto più elevato rispetto a quello delle altre donne nell’ambito del mondo greco-romano”.

Anche oggi, ciò che i cristiani fanno con la loro sessualità è una delle testimonianze più importanti che danno al mondo circostante. Sono chiamati a edificare una comunità di famiglie che rispetta le donne e si prende cura dei giovani e dei più vulnerabili.

 

Accogliere le donne ferite

Oggi è essenziale che le chiese diventino nuovamente note come luoghi che valorizzano le donne. Rifiutare l’aborto è un modo di esprimere rispetto non soltanto per il bambino ma anche nei confronti della madre.

La chiesa dovrebbe essere conosciuta anche come un santuario per quelle donne che sono state ferite dallo spietato cinismo della cultura dell’aborto. Le donne che hanno abortito hanno spesso paura di parlare con i cristiani. Una delle mie studentesse, Nicole, frequentava un college cristiano quando fu violentata nel suo dormitorio da un ex fidanzato. Quando scoprì di essere incinta, i suoi primi pensieri furono: Cosa penserà la mia chiesa? La mia famiglia mi caccerà da casa? In preda al panico, fissò un appuntamento per un aborto alla prima data disponibile. Ancora oggi non ha parlato di questa vicenda con nessun membro della sua chiesa.

“Certe chiese hanno più probabilità di accogliere un ex-criminale che una donna che ha avuto un aborto”, mi ha detto Nicole. “Può sembrare un’esagerazione, ma pensaci un attimo: alcune chiese, giustamente, hanno organizzato programmi di recupero e reinserimento per ex-detenuti. Ma quanti dedicano lo stesso sforzo per le donne che hanno abortito?”.

Nicole era pro-life al momento del suo aborto, e lo è ancora. Era certa che sarebbe stata rifiutata dalla sua chiesa al punto da mettere da una parte le proprie convinzioni morali. Quale messaggio inviano le chiese cristiane alle donne? Molte di loro hanno il terrore di contattare le persone che sarebbero in grado di aiutarle meglio di chiunque altre.

 


Tratto dal libro “Ama il Tuo Corpo”

ama-tuo-corpo-adimedia