La verità cambia? - ADI-Media

La verità cambia?

Sai cos’è l’evoluzione semantica? Accade quando una parola cambia significato nel corso del tempo.

Un esempio è quello che è successo al termine “fondamentalista”.

Attualmente, quando si parla di fondamentalisti, affiora alla mente l’estremismo religioso che ricorre alla violenza, ma inizialmente, fu utilizzato per definire chi aveva voluto dare una risposta biblica all’aumento dell’influenza delle forme “liberali” o “moderniste” del cristianesimo.

The Fundamentals: A Testimony To The Truth fu un insieme di novanta saggi pubblicati tra il 1910 e il 1915 dalla Testimony Publishing Company di Chicago. Secondo la prefazione, la pubblicazione era stata concepita come “una nuova dichiarazione dei fondamenti del cristianesimo”. I volumi difendevano le dottrine evangeliche in risposta alla teologia liberale, il cattolicesimo romano, il socialismo, il modernismo, l’ateismo, la Scienza Cristiana, il mormonismo, i Testimoni di Geova, lo spiritismo e il darwinismo.

Essere considerati “fondamentalisti” equivaleva a riconoscere e promuovere senza riserve tutti i fondamenti della fede cristiana, quelle verità che sono talmente basilari e di vitale importanza che, se fossero negate o cestinate, minerebbero tutta la struttura della fede.

Assistiamo a una continua evoluzione culturale e linguistica, dove le parole e le espressioni sono svuotate del loro significato originale e sono modificate per riflettere nuove idee. Si tratta di un palese tentativo di reinventare la realtà, di dare un nome a situazioni emergenti. Spesso, la nostra coscienza morale ci fa faticare nel seguire questi cambiamenti: una sostanziale parte della terminologia diventa obsoleta e cede il passo a una più nuova.

Parole e frasi sono associate nell’immaginario collettivo a nuovi significati e sono vestiti di un nuovo abito, entrando a volte in conflitto con il significato tradizionale. Un esempio che calza a pennello è quello del termine inglese “minion”. Una volta era usato per indicare una figura sottomessa e priva di dignità, ma è stato trasformato in qualcosa di piacevole e buffo, come gli adorabili personaggi gialli della saga “Cattivissimo Me”

La lista delle parole coinvolte in questa deriva semantica prolifera durante una qualsiasi rivoluzione di natura tecnologica o morale, e ci troviamo proprio in un’epoca caratterizzata da entrambe.

Purtroppo, perfino il carattere di Dio è stato influenzato da questo tipo di abuso semantico, specialmente per quanto riguarda il Suo amore per l’umanità. L’affermazione “Dio è amore”, indiscutibilmente importante, è diventata un’espressione edulcorata e sentimentale, per rappresentare soltanto ciò che è moralmente conveniente per la maggioranza.

Nel contesto attuale, la nostra società incoraggia la ricerca della libertà e la rimozione dei sensi di colpa e della vergogna. Alcuni sostengono che il nostro problema non risieda nell’amore infinito di Dio, ma nella necessità di accettarci così come siamo.

“Fa’ qualunque cosa ti renda felice, qualsiasi cosa ti sembri giusta”, qualcuno suggerisce. Non vi sembra una visione egoistica? In realtà, questa giustificazione immorale sfocia nell’egoismo e nel peccato, il tutto con l’alibi dell’affermazione biblica che Dio è amore.

La lista delle parole coinvolte in questa deriva semantica prolifera durante una qualsiasi rivoluzione di natura tecnologica o morale, e ci troviamo proprio in un’epoca caratterizzata da entrambe.

Sì, è vero. Non ci saranno mai dispute tra credenti e non credenti in merito. L’espressione “Dio è amore” è un concetto centrale della fede e rappresenta uno degli innegabili attributi divini (cfr. I Giovanni 4:8).[1] Ma è fondamentale comprendere che l’amore del Signore va di pari passo con la Sua giustizia. C’è una tendenza ad affermare che il Dio amorevole del Nuovo Testamento è incompatibile con il Dio irato per il peccato dell’Antico Testamento.[2] Probabilmente, abbiamo sentito dire almeno una volta nella vita: “Un Dio amorevole non giudica. Se è davvero un Dio d’amore non può mandare qualcuno all’inferno”, come se l’amore del Signore tollerasse il peccato.

Quando l’apostolo Giovanni scrisse nella Bibbia che “Dio è amore”, intendeva mettere in risalto questo attributo fondamentale della natura divina. Tuttavia, è opportuno comprendere il corretto significato di questa espressione nel contesto, di più ampio respiro, delle Scritture e rifiutare quelli sbagliati per non lasciarci trascinare da una visione guidata dall’emozione che risulterebbe distorta. A.W. Tozer, teologo del XX secolo, ha espresso la stessa preoccupazione:[3]

Quando pensiamo a Dio, ciò che ci viene in mente è la cosa più importante per noi. L’adorazione può essere sincera o falsa a seconda che l’adoratore nutra pensieri elevati o bassi sul Signore. Infatti, ciò che rappresenta ogni persona non è tanto ciò che dice o fa in un dato momento, ma la sua vera idea di Dio, racchiusa nel profondo del suo cuore. Non possiamo coltivare pensieri sani e mantenere un comportamento retto se abbiamo una concezione sbagliata del Signore. Nessuna religione è stata mai più grande dell’idea che ha di Dio. Ripeto, l’adorazione può essere pura e sincera o misera, secondo l’idea che abbiamo del Signore. Abbiamo una tendenza naturale nell’adorazione che dipende dal pregiudizio che abbiamo di Dio… Se potessimo conoscere la risposta esatta di qualsiasi individuo alla domanda: “Cosa ti viene in mente quando pensi al Signore?”, potremmo avere una visione certa del futuro spirituale della sua anima. Avere una giusta concezione di Dio è fondamentale, non soltanto dal punto di vista teologico, ma anche nella vita cristiana. Qualsiasi errore dottrinale o fallimento nell’applicazione pratica dell’etica cristiana è causato da un pensiero, a monte, distorto e falso su Dio.

Come più volte sottolineato nei capitoli precedenti, queste verità derivano dalla Verità per eccellenza, l’autorevole Parola di Dio, la fonte da cui apprendiamo la vera natura di Dio. Le nostre dichiarazioni sul Signore non possono essere influenzate dalle mode dell’amore moderno, altrimenti definito “liquido”; poiché esiste una stretta correlazione tra la nostra comprensione di Dio e il nostro stile di vita.

La nostra conoscenza del Signore è fondamentale e si esplicita in tutto quello che pensiamo, diciamo e facciamo. Di conseguenza, una visione superficiale e distorta degenera sempre nell’empietà, mentre una visione profonda e fondata sulla Bibbia promuove unicamente la sincera devozione.[4]

Tratto dal libro “Cinque Mezze Verità”


[1] È anche chiamato “Il Dio dell’amore” (II Corinzi 13:11).

[2] C’è un versetto nell’Antico Testamento che fa riferimento all’odio di Dio per quanti si ribellano: “L’Eterno scruta il giusto, ma l’anima sua odia l’empio e colui che ama la violenza” (Salmo 11: 5). Un altro: “Tutta la loro malvagità è a Ghilgal; là li ho presi in odio. Per la malvagità delle loro azioni io li scaccerò dalla mia casa; non li amerò più; tutti i loro capi sono ribelli” (Osea 9:15).

[3] A.W. Tozer, The Knowledge of the Holy, New York, HarperCollins, 1978, p. 1.

[4] L’apostolo Paolo proprio con questo principio pratico ha aperto la sua Lettera a Tito sottolineando: “… e la conoscenza della verità che è secondo pietà” (Tito 1:1).