Pentecoste sempre e per tutti: l'unicità pentecostale - ADI-Media

Pentecoste sempre e per tutti: l’unicità pentecostale

I pentecostali leggono il racconto della Pentecoste in Atti e insistono che il modello generale della ricezione dello Spirito Santo da parte della chiesa primitiva, soprattutto in quanto evento separato nel tempo dall’esperienza della chiesa con Gesù, debba essere replicato nella vita di ogni singolo credente.

Questa concezione inserisce il movimento pentecostale in una lunga tradizione ermeneutica. Il teologo Claude Welch (1922-2009), per esempio, indica che parte del passaggio del Pietismo verso l’esperienza soggettiva è nata dalla convinzione che “il dramma della creazione, caduta e redenzione della razza deve essere rimesso in scena in ogni vita”. Per i pietisti “la vera nascita di Cristo è la Sua nascita nel nostro cuore, la Sua vera morte è l’essere morto con noi, la Sua vera risurrezione è nel trionfo della nostra fede”.

I predecessori del pentecostalismo che nel XIX secolo sostenevano una “vita più elevata”, avevano un approccio alle Scritture di questo genere, poiché si appropriavano di elementi della Heilsgeschichte* veterotestamentaria in maniera devozionale. L’esodo dall’Egitto, le peregrinazioni nel deserto e l’attraversamento del fiume Giordano, con il conseguente ingresso nella Terra promessa, divennero per loro delle fasi di un modello normativo legato a quel pellegrinaggio spirituale che partendo dalla conversione, portava alla “seconda benedizione” (“Terra di Beulah”).

Pertanto, lo storico delle Assemblee di Dio degli Stati Uniti, William Menzies (1931-2011), suggerisce che:

Il Movimento pentecostale è quell’insieme di denominazioni, all’interno della chiesa cristiana, caratterizzati dalla convinzione che l’evento del giorno di Pentecoste di cui si parla in Atti 2, oltre a segnare la nascita della chiesa, descriva un’esperienza a disposizione dei credenti di tutte le epoche. Ritengono inoltre che l’esperienza con cui si ricevere l’effusione della potenza dall’Alto, chiamata “battesimo nello Spirito Santo”, debba essere comprovata e accompagnata dal segno iniziale del “parlare in altre lingue” come lo Spirito dà di esprimersi.

Queste parole colgono l’affermazione fondamentale del Movimento pentecostale e ne spiegano anche il nome. Il modo tipico del pentecostalismo di leggere il Nuovo Testamento conduce alla conclusione che, come accadeva nella chiesa dei primi secoli, anche il credente di oggi diventa un discepolo di Cristo e riceve la pienezza del battesimo dello Spirito in due momenti, o “esperienze”, distinte e separate. Questo è il collegamento tra i primi due elementi del “vangelo quadrangolare” operato da un’ermeneutica unica e peculiare.

Mettere in dubbio la ripetibilità dell’esperienza della Pentecoste equivale a mettere implicitamente in discussione la validità permanente dei fenomeni riportati dal Nuovo Testamento: non soltanto i carismi come la glossolalia, ma anche la guarigione divina, che il Nuovo Testamento annovera tra i “doni dello Spirito”.

Il Movimento pentecostale afferma che i miracoli di guarigione, oltre a essersi fisicamente verificati, erano parte integrante del ministerio di Gesù; inoltre sostiene che possono e devono essere sperimentati anche nella nostra epoca, poiché la chiesa primitiva li ha realizzati dopo la Pentecoste, secondo quanto riportato nel libro degli Atti degli apostoli. Oltre a essere parte della salvezza e del sollievo recati all’umanità nel vangelo, i miracoli di guarigione sono un segno rassicurante per il credente e una testimonianza per chi non crede. Nel 1902, Charles F. Parham scrisse:

Cristo non ha lasciato i Suoi amati figli senza segni distintivi che li accompagnassero, affinché il mondo potesse riconoscere chi era cristiano e chi no. Non ha nemmeno mandato i Suoi servi a predicare vaghe teorie speculative su un mondo a venire, ma li ha mandati con grande potenza per recare sollievo all’umanità sofferente; per dare da mangiare agli affamati, vestire chi è nudo, guarire gli infermi, cacciare i demòni, parlare in lingue nuove e confermare queste parole di consolazione esteriore, scritte in Gesù Cristo, con questi segni visibili esteriori.

La parola chiave di questa citazione è “potenza”.

Uno degli insegnanti pre-pentecostali della “vita più elevata”, Andrew Murray (1828-1917), ha affermato:

Lo Spirito Santo compie guarigioni divine ovunque Egli agisca con potenza … Se la guarigione divina non si vede che raramente nel presente, non possiamo che attribuirne la causa al fatto che lo Spirito non agisce con potenza.

Se il “dono della potenza” in termini pentecostali è dunque disponibile per tutte le generazioni, la potenza dello Spirito si manifesterà anche nella nostra epoca, operando miracoli di guarigione divina almeno nella vita di quanti hanno realmente sperimentato il battesimo pentecostale e sanno come cercare tali benedizioni.

Con questa affermazione, i pentecostali dimostrano un fondamento “restaurazionista” contrapposto alla tendenza del protestantesimo classico a sostenere che i carismi e i “doni soprannaturali dello Spirito Santo” siano cessati con la fine dell’era degli apostoli.

Un esempio di questo approccio all’elemento soprannaturale neotestamentario è il dr. Benjamin B. Warfield (1851-1921), rettore del Princeton Theology Seminary (Seminario Teologico di Princeton), che usò la dottrina per confutare i movimenti pre-pentecostali della guarigione della fine del XIX secolo. Pur concedendo ai pentecostali che la “chiesa apostolica fosse tipicamente una chiesa caratterizzata dai miracoli”, Warfield sostenne che questa situazione era:

Una particolarità che caratterizzava specificamente la chiesa apostolica e, pertanto, apparteneva esclusivamente all’era apostolica … questi doni … erano parte delle credenziali degli apostoli in quanto agenti autorevoli di Dio nella fondazione della chiesa. Pertanto, la loro stessa funzione li circoscrive alla chiesa apostolica e, di conseguenza, sono cessati con essa.

Dal canto loro, e basandosi sull’immutabilità di Dio, i pentecostali sostengono che questa parte della natura della chiesa apostolica è normativa per ogni epoca. Affermando di voler ristabilire gli elementi soprannaturali dell’era apostolica, il Movimento affermava di rappresentare a tutti gli effetti la “fede apostolica”, un nome frequentemente usato dai primi aderenti e attribuito loro da un gran numero di interventi giornalistici e da varie istituzioni.

Nel suo libro, intitolato The Apostolic Faith Restored, un sostenitore di questa posizione ha spiegato:

Nel panorama religioso odierno c’è una grande attività dello Spirito del Signore nota come Movimento pentecostale o della fede apostolica … Gli uomini e le donne dal cuore onesto che appartengono a questo movimento si sforzano di tornare alla fede e alla prassi dei nostri fratelli che servirono Dio prima dell’apostasia. Hanno fatto del Nuovo Testamento la loro regola di vita … Il Movimento pentecostale salta gli anni successivi invocando: ‘Torniamo a Pentecoste’ … Questa opera è direttamente collegata all’azione di Dio nei giorni del Nuovo Testamento. Edificata dalla medesima mano, sulle medesime fondamenta degli apostoli e dei profeti, seguendo il medesimo modello, secondo il medesimo patto … Non riconoscono autorità ad alcuna dottrina o usanza, salvo che non si possa far risalire alla fonte primigenia dell’istituzione della chiesa: il Signore e i Suoi apostoli.

Questa dichiarazione di accesso diretto all’esperienza della Pentecoste conduce rapidamente alla rivendicazione di aver ristabilito la “fede apostolica” e tutti gli elementi soprannaturali menzionati nel Nuovo Testamento. Tra questi, la guarigione divina, che non è più soltanto un dono di Dio al Suo popolo che soffre, ma diventa anche un segno per il credente della presenza dello Spirito Santo e una forma di testimonianza per il non credente nel contesto dell’opera evangelistica.


* Dal tedesco, Storia della salvezza; si tratta dell’interpretazione della storia biblica e, più in generale, di quella umana come manifestazione della volontà salvifica universale di Dio. N.d.E.

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