Una Chiesa da vedere, ascoltare, sentire e toccare - ADI-Media

Una Chiesa da vedere, ascoltare, sentire e toccare

Di recente stavo ascoltando un “podcast” che affrontava il tema della leadership della chiesa. L’ospite stava intervistando un pastore in una delle chiese più grandi e influenti d’America. Il punto centrale del dibattito ruotava attorno alla convinzione che se le chiese non si fossero aperte alla “rivoluzione digitale”, si sarebbe persa una delle più grandi opportunità evangelistiche in assoluto, e in questo caso non avremmo potuto fare altro che rimanere indietro, a mangiare la polvere. Mentre ascoltavo, fui colpito dall’insistente analogia tra le chiese esperte del mondo digitale e le imprese secolari maggiormente proiettate e coinvolte in queste rivoluzioni tecnologiche. Più volte, il pastore ha menzionato aziende come “Amazon” e “Uber”. Mi sono trovato a rispondere ad alta voce nella mia auto: “Amazon e Uber sono organizzazioni basate su prodotti e servizi. Si accede, si acquista un libro o si pianifica un passaggio, quindi ci si disconnette. Entri, prendi quello che ti serve, ed esci. È forse questa la chiesa?”.

Quasi tutti gli argomenti che ho ascoltato a sostegno delle chiese che si adattano più velocemente all’era digitale ruota attorno a questo punto: le aziende in più rapida crescita e più redditizie nel mondo degli affari sono quelle che sfruttano le piattaforme digitali. Questo argomento avrebbe senso se la chiesa avesse gli stessi obiettivi di aziende come Amazon e Uber.

Nella videointervista il pastore ha dichiarato che “la presenza digitale aumenta il coinvolgimento di persona”. Poiché, siamo ancora nelle prime fasi dell’intersezione tra la chiesa e l’era digitale, non ci sono parametri sicuri per sostenere o confutare quest’affermazione a livello nazionale. Suppongo che certe affermazioni siano accurate, almeno nel loro contesto e, in questo senso, concordo sul fatto che la presenza digitale sia davvero utile come porta d’ingresso, per così dire. Ma a casa mia, anche se la porta d’ingresso è importante, poniamo di gran lunga maggiore enfasi sulla nostra cucina e sul nostro soggiorno, per quale motivo? Perché è lì che avvengono le connessioni veramente rilevanti; è qui che creiamo e sperimentiamo la famiglia come comunità, unitamente agli amici che occasionalmente ci fanno visita. La nostra porta d’ingresso è il luogo in cui diciamo gentilmente di no a certi venditori ambulanti, oppure salutiamo il corriere quando ci recapita un pacco. Ma per la famiglia e gli amici, la nostra porta d’ingresso è semplicemente la soglia che dà accesso a una serie di spazi molto più importanti, come il tavolo della cucina, dove condividiamo un pasto o il divano del soggiorno, dove ci rilassiamo e comunichiamo in modo affabile.

Indurre le nostre chiese a gettarsi a capofitto negli spazi digitali, nella speranza di creare un prodotto cristiano di facile consumo, diminuisce fortemente la nostra capacità di avere un impatto importante sulla cultura che ci circonda e di introdurre le persone in spazi più significativi. La chiesa non è mai stata pensata per essere un derivato del momento culturale ma, piuttosto, un elemento di contrapposizione. Nel pieno dell’assalto da parte delle distrazioni digitali, la chiesa analogica è esattamente il tipo di contrapposizione di cui abbiamo bisogno per essere efficaci nel contesto culturale in cui ci muoviamo. Come scrive il teologo Alan Noble:

La più grande testimonianza del mondo sarà sempre il corpo di Cristo riunito per adorare, il che significa che le chiese e le varie confessioni devono considerare bene cosa significhi testimoniare in un’età distratta e secolare.

Il più grande “sovvertimento” che ogni chiesa, piccola o grande, può opporre a una tale realtà è un invito senza compromessi al tavolo della cucina, al divano del salotto, al calore della sala di culto, alle conversazioni fuori del locale: gli spazi che le persone desiderano ritagliarsi nel flusso della loro vita veloce e impaziente, gravida di scelte spesso superficiali, individualistiche e isolate.

La chiesa cristiana è sempre stata caratterizzata dalla sua capacità di creare spazi e invitare le persone a realizzare delle esperienze spirituali. La comunità dei credenti è sempre stata più dinamica ed efficace quando si è trovata in netto contrasto con la cultura secolare dominante, e a evitare il mondo quando questi era in agguato. Questo tipo di resistenza creativa e attitudine profetica, è ciò di cui abbiamo più bisogno nell’era digitale. E il modo più creativo e profetico di opporsi all’era digitale è quello di godere di tutti gli aspetti positivi legati alle modalità analogiche:

  • Riunirsi quando la società disperde.
  • Rallentare quando la società accelera.
  • Comunicare quando la società critica.

Dobbiamo ricordare che l’obiettivo della chiesa locale non è vendere un prodotto o un servizio ma fare discepoli. E il discepolato richiede pazienza, profondità e senso della comunità, le stesse cose che contraddicono i valori dell’era digitale. Il teologo Dallas Willard ci ricorda che:

Il carattere si forma e si trasforma attraverso l’azione, comprese le discipline attentamente pianificate e sostenute dalla grazia.

Sì, delle discipline attentamente pianificate e sostenute dalla grazia, questo è un lavoro intenzionale, metodico, lento e costante. Ecco perché Gesù ha usato metafore come viti e rami per descrivere la vita del discepolato:

“Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli” (Giovanni 15:5-8).

Prima del frutto vengono i rami, che poi lo produrranno; quindi, richiede cure costanti, manutenzione giornaliera, annaffiature e potature programmate con regolarità. L’esortazione a rimanere in Gesù coincide con un invito a questo tipo di lavoro, prendendo le distanze dalla frenetica superficialità delle nostre distrazioni digitali al fine di imparare e praticare la via di Gesù nei vari aspetti della vita, grandi o piccoli che siano.

Credo che ci siano delle enormi opportunità in questo senso, specialmente con le generazioni più giovani. Nonostante la triste notizia della diminuzione della partecipazione, e dell’impegno dei giovani nella chiesa, stiamo iniziando a vedere che questi ragazzi riconoscono e reagiscono intuitivamente alle tensioni digitali dei nostri giorni.

L’affascinante libro di David Sax, La Rivincita dell’Analogico, presenta una varietà di modi in cui le nuove generazioni stanno diventando sempre più interessate alle cose non digitali. Degli oggetti come le fotocamere Polaroid e le Agende cartacee stanno vivendo una nuova giovinezza. Uno degli esempi più evidenti del ritorno analogico potrebbe essere la risurrezione dei dischi in vinile. Le vendite sono aumentate da meno di un milione nel 2007 a oltre dodici milioni nel 2015, con un tasso di crescita annuale di oltre il 20%. Nel libro, Sax cita Jay Millar, ex direttore del marketing della United Record Pressing, che ha detto: “La digitalizzazione è il massimo della convenienza, ma il vinile è il massimo dell’esperienza”.[1]

Secondo molti esperti del settore tecnologico, l’ascesa meteorica di Amazon avrebbe segnato la fine delle librerie. Ma non è stato così. Amazon ha recentemente annunciato l’intenzione di aprire tremila librerie. Per quale motivo? Perché, come suggerisce Millar, anche se acquistare un libro online è conveniente, non può sostituire l’esperienza di maneggiare un libro e sfogliare in anticipo le pagine. Le generazioni più giovani, cresciute in un mondo troppo digitalizzato, lo sperimentano a livello intrinseco e sono alla ricerca di esperienze che permettano loro di vedere, ascoltare, sentire e toccare. Si rendono conto che ordinare un libro online e passeggiare in una libreria sono due cose decisamente diverse: desiderano l’analogico. Questo offre alla chiesa un’opportunità missionaria senza precedenti, fornendo questo tipo di “spazi trascendenti” che nell’era digitale sono assai pochi e così negletti.


[1] Ibid., p. 8.

Articolo tratto da “Chiesa Analogica”