Io amo la mia chiesa perché ... perdono - ADI-Media

Io amo la mia chiesa perché … perdono

Purtroppo, sappiamo tutti fin troppo bene che, nell’ambito della comunità locale, esiste l’eventualità di recare qualche offesa ad altri, non dare una buona testimonianza a causa di un comportamento che non onora il Signore e l’Evangelo che annunciamo… Quali sono le regole da adottare, i metodi da attuare nei confronti di quanti hanno dato motivo di scandalo o di biasimo? Secondo la Scrittura, esistono principi su cui si reggono i reciproci rapporti all’interno della comunità: essi costituiscono la base teologica su cui si svolge l’intera dinamica del perdono nell’ambito della chiesa stessa. Si tratta, infatti, di tracciarne le regole e le procedure – alla luce dell’insegnamento biblico – per dare corpo al perdono e alla riconciliazione con la comunità e con i fratelli e le sorelle che la compongono. Giacomo tocca proprio questo aspetto nelle esortazioni finali della sua lettera:

… se qualcuno fra voi si svia dalla verità e uno lo fa tornare indietro, costui sappia che chi avrà riportato indietro un peccatore dall’errore della sua via salverà l’anima sua dalla morte e coprirà una gran quantità di peccati”
(5:19, 20)

Egli parla di un ipotetico “qualcuno” fra i credenti che si svia dalla verità, attraverso il suo comportamento peccaminoso, ponendosi “fuori della comunità” e avendo bisogno di essere “riportato indietro”. Sarà quindi la comunità – nelle persone dei responsabili della stessa – la titolare del diritto di perdonare e riconciliare il peccatore.

Matteo, che scrive il vangelo omonimo intorno agli anni 80, cioè quando ormai la comunità cristiana ha già assunto una sua struttura, ci riporta una “procedura del perdono” articolata in quattro gradi progressivi e finalizzati, da un lato, al perdono e al recupero del fratello che ha sbagliato, dall’altro, alla salvaguardia dell’intera comunità (vd. Matteo 18:15-18):

  1. Esortazione privata – “… va’ e convincilo fra te e lui solo …” (v. 15);
  2. Ammonizione dinanzi ai testimoni – “…  se non ti ascolta, prendi con te ancora una o due persone, affinché ogni parola sia confermata per bocca di due o tre testimoni” (v. 16);
  3. Richiamo della chiesa – “Se rifiuta d’ascoltarli, dillo alla chiesa …” (v. 17);
  4. L’esclusione dalla comunione fraterna – “… se rifiuta d’ascoltare anche la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano” (v. 17).

Quest’ultimo è l’intervento più rilevante per le ragioni che sono state già espresse, ma continua a essere un intervento fraterno, giacché la disciplina nella comunità cristiana non ha scopo punitivo ma formativo e, se “l’errante” si umilia, si ravvede e impara dai suoi errori, potrà essere ristabilito, perché è sempre importante ricordare l’aspetto redentivo dell’intervento disciplinare. Soltanto dopo i tre primi tentativi, quando cioè si manifesta il rifiuto di ascoltare, quando né l’esortazione né l’ammonizione né il richiamo sono accettati, si giunge alla rottura delle relazioni fraterne, giacché lo sviato non ha offerto altra alternativa (cfr. II Tessalonicesi 3:6, 14; Romani 16:17; I Corinzi 5:9-11; Tito 3:10).

Questa precisa indicazione del Signore mette in risalto quanto sia importante la disciplina nella comunità cristiana; radunata nel Suo nome, la chiesa deve difendere la propria reputazione nella società, mantenere alto l’onore del Vangelo che annuncia e del Signore che lo governa: deve, cioè, rendere una coerente testimonianza di fede. Perciò non bisogna lasciarsi intimorire dai sarcasmi di quanti ci accusano di avere una visione ristretta, e di creare una “comunità di santissimi”, perché costoro dimenticano che esiste un insegnamento ben preciso nella Parola di Dio: “Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14) e “… come Colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siate santi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: «Siate santi, perché io sono santo»” (I Pietro 1:15, 16).

Fatte queste necessarie premesse, occorre ricordare che proprio la mancanza di armonia tra fratelli è una delle cause principali dei problemi comunitari. Nella maggior parte dei casi, grazie a Dio e al buon senso cristiano degli interessati, le difficoltà che riguardano i rapporti interpersonali sono risolte fraternamente tra le due parti, perché il credente, sensibile alla voce dello Spirito Santo che lo richiama per mezzo del ministerio della Parola, risolve le cose individualmente e in modo definitivo [senza peraltro dare in pasto ai social fatti personali, rendendoli di domino pubblico e scatenando conflitti propri dei “leoni da tastiera” e i rispettivi schieramenti]. Infatti, è importante ricordare l’insegnamento di Gesù: “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta” (Matteo 5:23, 24); e ancora: “… «Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù a lui: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette” (Matteo 18:21, 22). A queste parole il Maestro fa seguire la parabola del servitore spietato (cfr. Matteo 18:23-35).

I sentimenti che muovono il perdono.

Anche l’insegnamento delle epistole è molto preciso riguardo al perdono: “Siate … gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo” (Efesini 4:32). È interessante notare che il perdono è preceduto dal giusto sentimento che deve motivarlo: benignità e misericordia e non un senso di “dovere cristiano”. Dobbiamo essere ispirati da un sincero sentimento di bontà e di misericordia e non di giudizio o alterigia (cfr. I Corinzi 13:4; II Corinzi 2:10; 6:6 e rif.). Questo è lo stesso sentimento che vediamo menzionato in Colossesi 3 e da cui prende le mosse il perdono: “Vestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza. Sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi a vicenda, se uno ha di che dolersi d’un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi” (Colossesi 3:13).

Sopportazione reciproca.

È interessante notare che l’etimo del termine “sopportare” addita a qualcosa o qualcuno che funge da sostegno, come i pilastri che sopportano l’intera spinta della volta. Reggere su di sé, subire… In questi versetti è buono notare, infatti, non soltanto lo spirito di misericordia da cui si origina il perdono, ma anche la disponibilità individuale dei credenti a subire le offese, senza l’intervento del pastore o di altri credenti. Quanti problemi si eviterebbero se, reciprocamente, subissimo qualche torto per amore di pace; ma ci vuole una buona dose di umiltà! Un autentico perdono, però, deve necessariamente essere preceduto da uno spirito di mansuetudine, pazienza e sopportazione (cfr. Romani 15:1, 2; Efesini 4:2).

Ma come dobbiamo perdonare?

Questo è un altro punto nodale che riguarda il perdono: qual è il nostro modello? In che modo bisogna perdonare? Le implicazioni sono le più variegate, ma rimaniamo sui nostri versetti paolini sopracitati che ci offrono un parametro di confronto: “… come anche Dio vi ha perdonato in Cristo”; “… come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi”. L’ultima preghiera di Gesù sulla croce fu: “… Padre perdona loro …” (Luca 23:24). Spesso, purtroppo, si innescano dei veri e propri conflitti su chi ha ragione e su chi deve chiedere scusa per primo o, peggio ancora, si nega a priori il perdono al prossimo perché l’offesa ricevuta si ritiene imperdonabile: che tristezza! Dobbiamo seguire l’esempio di Gesù che non ha recriminato, ma ha soltanto perdonato.

Tornando al nostro brano iniziale di Giacomo, oltre all’aspetto del recupero del fratello, chiunque egli sia, c’è da notare, inoltre, che la riconciliazione non ha bisogno di vincitori e vinti, ma è “nel Signore”, lasciando a Lui decidere su cose che è difficile definire, specialmente quanto si tratta di opinioni, di atteggiamenti e forse di sfoghi caratteriali dovuti a un momento di contrasto. Il perdono, infatti, non si basa necessariamente sulla capitolazione dell’altro [specialmente in questioni di opinioni o screzi personali], ma soprattutto sulla volontà di chi è stato ferito o ritiene di esserlo stato. Anzi, il perdono può essere, proprio come insegna Gesù dalla croce, addirittura unilaterale. Quando ciò accade, è prova che la misericordia e la grazia di Dio ha trionfato nella nostra vita (cfr. Atti 7:60; II Timoteo 4:16). Questo è ciò che ha fatto anche il Signore verso i colpevoli (cfr. II Corinzi 5:19). In tal modo, si toglie anche a Satana il terreno sul quale scatenare infinite polemiche, oltre che a dargli la possibilità di illuderci con una «giustizia propria» che ci ponga illusoriamente al sicuro (cfr. I Corinzi 10:12).

Nella preghiera esemplare di Gesù, Egli sfidò i Suoi discepoli con una nuova etica devozionale, laddove leggiamo: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori” (Matteo 6:12). Con umiltà dobbiamo riconoscere che il metro che stabiliamo per altri, può essere poi proprio quello che sarà usato per noi stessi (cfr. Matteo 7:2). Inoltre, Giacomo ci ricorda che, da veri cristiani, dobbiamo contribuire alla riconciliazione e al ristabilimento sincero e di cuore tra fratelli: chi vuole rappacificarsi veramente con un altro fratello – a prescindere se si tratta della parte offesa o offendente, se è rivestito d’autorità o subisce un provvedimento – debba fare all’altro «ponti d’oro». Nella riconciliazione, inoltre, non bisogna rivangare il passato per stabilire vincitori e vinti, ma bisogna aprire primariamente le proprie viscere all’altro, accoglierlo in Cristo, assicurargli l’amore, il perdono e il sostegno. Poi, se proprio dovrà accadere, in seguito si potrà approfondire alcuni aspetti, non per scatenare altre polemiche, ma – in uno spirito di preghiera – per permettere una maggiore e completa guarigione di ambedue le parti.

Da dove cominciare?

L’epistola di Giacomo finisce con un altissimo incoraggiamento a porre in atto l’amore fraterno e verso il prossimo in generale, a passare sopra le offese e a ricercare il perdono. È vero, i rapporti interpersonali non sono facili, anche [o soprattutto, sic!] nell’ambito fraterno, per questo dobbiamo ricordare la regola: “Prevenire è meglio che curare” e impegnarci per vivere in pace con tutti (cfr. Romani 12:18), mettere da parte ogni malizia, maldicenza e cattiveria che minano la nostra comunione fraterna e il tessuto stesso della comunità locale (cfr. Colossesi 3:8, 9) e sostituirli con la compassione, la gentilezza, l’umiltà, la mansuetudine… (cfr. Galati 5:22-23). Dio ci ha perdonati, mostrando verso di noi amore e pazienza: questo è il fondamento su cui poggiare il nostro rapporto con gli altri.

Forse vi state chiedendo: “Da dove comincio?”. Forse dovete iniziare a esaminare il vostro rapporto con Dio. Avete confidato in Cristo come vostro Salvatore e avete sperimentato veramente il Suo perdono, la Sua misericordia e il Suo amore? Non potete amare gli altri come dovreste finché non siete in giusto rapporto con Dio.

Quindi, scrivete a mano i versetti di Colossesi 3:12, 13 su un cartoncino e rileggeteli spesso. Riflettete su quale virtù avete più bisogno di lavorare e inseritela nella vostra lista di preghiera, per esempio: “Signore, rendimi più paziente”. È una preghiera pericolosa, perché il Signore vi darà delle persone difficili con cui esercitarvi a essere pazienti! Agite in ubbidienza, non in base ai sentimenti. Quando sbagliate, confessatelo al Signore e chiedete perdono a chi vi ha fatto un torto. Potrebbe essere necessario iniziare ad andare da chi ha già subito un torto da voi per sistemare le cose. Prendete l’abitudine di indossare questi “abiti nuovi” e vi sentirete meglio e farete stare meglio anche il vostro prossimo. Da parte vostra, se avete difficoltà a sentirvi perdonati dopo averlo concesso, fate qualcosa di gentile per chi vi ha fatto un torto, può essere difficile ma il resto spetta allo Spirito Santo e noi sappiamo che Egli è in grado di operare e di far trionfare la pace.

Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi.

Libri per approfondire

I Sentieri Biblici sono delle serie di studio e approfondimento pensate per indicare la “via della vita” a ogni credente desideroso di trovare nella Bibbia quella parola “utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).

Questi studi sono una risorsa gratuita che vogliamo mettere a disposizione per gruppi e chiese. Un’opportunità di riflessione, di applicazione pratica e formazione biblica.

Potrai scaricarli in pdf, stamparli e usarli liberamente nella tua comunità.

La nostra preghiera è che l’analisi di questi argomenti possa far diventare sempre più familiare “l’incontro con la Parola di Dio”, per rimanere sempre più “attaccati alla Parola fedele” (Tito 1:9) e praticare il “non oltre quel che è scritto” (I Corinzi 4:6).

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