Dov'è Dio nei disastri naturali? - ADI-Media

Dov’è Dio nei disastri naturali?

Nel 2011, un terremoto in Giappone ha ucciso 29.000 persone. Soltanto pochi mesi prima, nel 2010, il terremoto di Haiti ha causato la morte di 230.000 persone. Mentre scrivo più di sette milioni di persone soffrono la fame a causa della carestia nel Sudan meridionale. In effetti, dal 2016, più di 85.000 bambini sono morti di fame soltanto nello Yemen.

Nel 2020, il virus COVID-19 ha colpito il mondo intero. Questa pandemia ha ucciso milioni di persone e le economie mondiali sono stati colpite dalle conseguenze economiche, dalle chiusure delle attività e dal distanziamento sociale imposto dai governi nel tentativo di salvare delle vite umane.

Il 2023 è iniziato con il devastante terremoto tra Turchia e Siria. Dopo poche ore il numero delle vittime supera le 5000 persone.

Ora, si ripresenta la stessa domanda: in quest’orrenda sofferenza, dov’è Dio?

Il filosofo ateo David Hume sintetizza il problema illustrato dal filosofo greco Epicuro:

[Dio] è disposto a prevenire il male, ma non è in grado? Allora è impotente. È capace, ma non disposto? Allora è malevolo. È capace e disposto? Da dove viene allora il male?

Hume la considerò una valida argomentazione per rifiutare il cristianesimo. Assistiamo a questi orribili disastri in ogni parte del mondo, disse, quindi Dio non è disposto ad aiutare o ne è incapace. In entrambi i casi non sarebbe Dio. Pertanto ritengo che non esista.

Sembra una buona argomentazione. Se Dio ama, perché non interviene? Per quale motivo le persone sono lasciate soffrire e morire quando si scatenano gli uragani, le inondazioni, le carestie e i terremoti? Eventi naturali che uccidono centinaia e migliaia di persone sono prove potenti e innegabili che Dio non esiste?

Ogni visione del mondo deve affrontare il tema della sofferenza umana causata da catastrofi naturali. L’ateismo potrebbe dire: “Questa è la terra: ci sono soltanto vulcani e tsunami, terremoti e inondazioni. Questa è la realtà, e quindi non è importante sviluppare un senso morale. Non esiste un quadro morale all’interno del quale questa terra è stata creata, e quindi sarebbe assurdo mettere in discussione la moralità di un evento naturale che determina la morte di un certo numero di persone”.

Una risposta credibile a questa domanda può giungere unicamente dall’annuncio cristiano, il quale sostiene che dietro all’universo c’è un Signore amorevole.

L’ateismo non ha nessuna risposta da fornire e anzi si rifiuta di porre qualsiasi domanda, negando che esista una logica in grado di fornire delle spiegazioni.

Altri, più sensibili all’influenza delle filosofie orientali, potrebbero affermare che l’universo è governato dalla regola del karma, e quindi eventi naturali come inondazioni o terremoti influenzano le persone in un ciclo cosmico di ricompensa e punizione. Le persone che sono coinvolte in crisi apparentemente casuali stanno in realtà pagando gli errori che hanno commesso nella vita precedente, o forse in un antico ciclo di reincarnazioni.

Ma cosa ha da dire il cristiano di fronte all’impatto devastante degli eventi naturali? Epicuro ha ragione? Questi eventi ci forniscono la prova del fatto che Dio non è amorevole né potente o addirittura inesistente?

Vita e morte negli eventi naturali

Consideriamo insieme alcuni punti che possono aiutarci a capire per quale motivo affermiamo l’esistenza di un Dio amorevole dietro questo mondo in cui le persone sono intrappolate nella sofferenza, anche a causa di eventi naturali.

La Bibbia sostiene che il Signore è il creatore dell’universo e ovviamente di questa terra in cui abitiamo. E la terra che la Bibbia descrive è il creato così come lo conosciamo, un mondo fatto di montagne e vulcani, oceani che urlano e biancheggiano e fiumi che esondano abbattendo gli argini. Gli scienziati ci dicono che il nostro universo è il risultato del “Big Bang” iniziale e che viviamo su un terreno sotto il quale vi è un nucleo caldo fuso su cui galleggiano le placche tettoniche dei nostri continenti. Questo è il modo in cui la terra funziona dal punto di vista geologico. Come ha sottolineato un articolo apparso su Scientific American:

Il nostro pianeta è in costante movimento. Le placche tettoniche, grandi lastre di roccia dividono la crosta terrestre in modo che appaia come un guscio d’uovo incrinato, si muovono in pezzi e rimodellano continuamente il nostro pianeta, e favoriscono la vita.

Queste placche si ramificano l’una all’altra, generando montagne. Scivolano dando vita a nuovi oceani … Si scostano l’un l’altra, innescando terremoti sconvolgenti. E scivolano l’una sotto l’altra in un processo chiamato subduzione, scorrendo profondamente nelle viscere del pianeta e producono vulcani che emettono gas nell’atmosfera. E non soltanto la Terra è viva, ma è un’incubatrice della vita. Poiché è l’unico pianeta a noi noto in cui si può riscontrare la tettonica a zolle, questa continua subduzione di placche, e le varie forme di vita, molti scienziati pensano che le due cose potrebbero essere correlate. In effetti, molti ricercatori sostengono che le placche mobili … sono una componente cruciale per la vita.

Sembra che la Terra, sia in modo unico, una “incubatrice della vita” e questo è in gran parte imputabile al movimento tettonico a placche. La stessa attività che causa vulcani, terremoti e tsunami che uccidono le persone, rende possibile in concreto la vita. Questo è il modo in cui funziona il pianeta. In realtà ci sono parecchi esempi di cose buone che possono anche avere degli effetti catastrofici. La stessa legge di gravità che consente a mio figlio di camminare tranquillamente fino a scuola lo ucciderebbe se dovesse scivolare dal tetto di casa nostra. Genesi capitolo 1 ci dice che Dio ha creato il mondo così com’è, e “ha visto che era buono”.

Affinché la vita fosse possibile sulla terra, tutti questi eventi naturali devono accadere. La Bibbia descrive il mondo che tu ed io sperimentiamo come la “buona” creazione di Dio, incluse le eruzioni vulcaniche e i terremoti. È un mondo in cui il movimento tettonico a placche si rivela cruciale affinché sia possibile la vita.

Ma non si tratta soltanto dell’origine della vita, il movimento tettonico a placche è anche essenziale per sostenere la vita sulla terra e regolare la temperatura del pianeta. Katherine Huntington, geologa dell’Università di Washington, lo spiega adeguatamente:

Comprendere la tettonica a zolle è una chiave fondamentale per capire il nostro pianeta e la sua abitabilità. Come prende forma un pianeta abitabile e a quali condizioni su di esso diventa possibile la vita che si sviluppa nell’arco di miliardi di anni? La tettonica a placche è ciò che modula la nostra atmosfera nei tempi più lunghi. È indispensabile per trattenere l’acqua, per mantenerla a una certa temperatura, e per consentire alla vita di scorrere.

In altre parole, affinché le varie forme di vita continuino a proliferare sulla terra, abbiamo bisogno del movimento tettonico a placche che determina eventi naturali come vulcani, tsunami e terremoti.

Vediamo qualcosa di simile con i virus. Una pandemia come il COVID-19, o epidemie come la SARS o l’Influenza Aviaria potrebbero uccidere migliaia di individui, e dietro a ogni numero c’è una persona: una vita umana estremamente preziosa. Una mia cara amica ha perso sua madre a motivo del Coronavirus all’inizio del 2020. A causa dell’obbligo di rimanere a casa, non ha potuto essere al capezzale della madre quando è deceduta, e non più di due persone in lutto hanno potuto riunirsi fisicamente al suo funerale a causa delle restrizioni governative in atto per prevenire la diffusione del virus. Come può un Dio amorevole permettere un contagio che ha determinato un simile dolore e scosso alla radice gli affetti più sacri?

Tuttavia i virus sono tra le entità più abbondanti e diversificate del pianeta e sono fondamentali per la vita. Marilyn Roossinck della Pennsylvania State University nota che …

i virus sono stati tradizionalmente considerati patogeni, ma molti di loro conferiscono un vantaggio ai loro ospiti e alcuni sono essenziali per il ciclo di vita dell’ospite stesso.

Lei spiega che meno dell’uno per cento dei virus è dannoso per i loro ospiti. Anche John Lennox scrive:

Ammesso che la scienza ci dimostri che la maggior parte dei virus sono benefici e alcuni sono essenziali per la vita, perché devono esserci degli agenti patogeni che creano scompiglio? La domanda chiave per i credenti è questa: Dio non avrebbe potuto creare un mondo senza virus patogeni? Questo ci porta a tutta una serie di domande simili. Dio non avrebbe potuto creare dell’elettricità che non sia pericolosa, o un fuoco che non bruciasse?

Se la stragrande maggioranza dei virus è utile, e tutt’altro che dannosa per la vita, cambia radicalmente il modo in cui esaminiamo la questione del danno potenziale causato dal l’1% di questi organismi.

Un altro aspetto che dobbiamo ricordare è che gli eventi naturali, vissuti da noi come calamità, hanno anche determinato la straordinaria bellezza della terra. Le montagne si formano quando le placche continentali si scontrano e spingono la roccia verso l’alto, dove può essere più facilmente bagnata dalla pioggia. Gli agenti atmosferici quindi rilasciano lentamente gli elementi nutritivi che dalle rocce passano agli oceani. Non sono mai stata così felice come quando insieme a mio nonno ammiravo la bellezza delle montagne dell’Engadina nelle Alpi Svizzere. Ricordo che quando le vidi per la prima volta all’età di nove anni dal finestrino di un treno, respiravo con affanno, sopraffatta da un senso di soggezione. Come fa la neve a essere così blu e così bianca allo stesso tempo? Non avevo mai neppure immaginato l’esistenza di una simile bellezza. Molti anni dopo ho portato i miei tre figli a visitare quella stessa catena montuosa, nella consapevolezza che le loro menti sarebbero state ampliate per sempre alla vista di quello spettacolo. La medesima cosa si potrebbe dire della loro immaginazione.

Sembra che eventi naturali come inondazioni, tsunami, proliferazione dei virus e terremoti siano necessari per la vita su questo pianeta. Sono vissuti come disastri perché le persone muoiono e ne sono colpite duramente. Come abbiamo già visto, il senso intrinseco di indignazione e la percezione del dolore che proviamo quando gli uomini sperimentano la sofferenza, compresi quelli con cui non abbiamo alcun legame personale, è un indicatore della preziosità della vita umana, creata a immagine di Dio. Sicuramente la migliore spiegazione del modo in cui reagiamo alla perdita di vite umane in conseguenza di un disastro naturale, dipende dal fatto che la vita è preziosa e che ha un’origine trascendente.

La caduta dell’Eden e il mondo naturale

Un altro aspetto importante, che i credenti nati di nuovo tengono nella dovuta considerazione, lo ritroviamo raccontato nel capitolo 3 di Genesi. Abbiamo già visto, che l’uomo e la donna, Adamo ed Eva, mangiarono il frutto dell’unico albero che era stato loro proibito. In conseguenza di questa scelta, una delle prime cose che subì una profonda compromissione fu il loro rapporto armonico con il resto dell’ordine creato. Facendo ricorso al linguaggio poetico, quest’alienazione tra le persone e il mondo naturale, è presentata come una maledizione; la conseguenza diretta delle decisioni di ordine morale prese dall’uomo e dalla donna. Genesi lo esprime in questi termini:

“Il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai” (Genesi 3:17-19).

È possibile che la Bibbia descriva l’impatto dell’egoismo umano su tutta la terra e che questo singolo episodio possa avere delle ricadute così pesanti sul resto del pianeta? Le scelte umane di ordine morale hanno portato a un deterioramento delle relazioni tra l’umanità e il resto dell’ordine creato. Alcuni teologi hanno sviluppato una connessione tra questa “caduta” dell’umanità e la nostra alienazione dal mondo naturale. È un po’ come se avessimo perso quel sesto senso che ci consentiva di sopravvivere agli eventi naturali, esattamente quello che mostrano alcuni animali.

Un enorme tsunami si è abbattuto sull’Oceano Indiano il 26 dicembre 2004, uccidendo oltre 150.000 persone in una dozzina di paesi ma, sorprendentemente, un numero bassissimo di animali. In che modo gli animali possono aver percepito il disastro imminente? Nel 2005 la rivista National Geographic ha pubblicato un servizio intitolato “Il senso che avverte dello tsunami in arrivo?”

L’articolo ha sottolineato:

Prima che delle onde gigantesche si abbattessero sulle coste dello Sri Lanka e dell’India dieci giorni fa, gli animali selvatici e domestici sembravano sapere cosa stava accadendo e sono fuggiti per mettersi in salvo … Ravi Corea, presidente della Sri Lanka Wildlife Conservation Society, che ha sede a Nutley, New Jersey, era nello Sri Lanka quando le enormi ondate hanno colpito l’isola … Ravi Corea non ha ritrovato carcasse di animali né il personale del Parco Nazionale di Yala ne era a conoscenza, a parte due bufali d’acqua. Lungo la costa indiana del Cuddalore, dove morirono migliaia di persone, il servizio di comunicazioni indo-asiatiche riferì che bufali, capre e cani furono trovati illesi.

Gli eventi naturali sono necessari affinché la terra sia vitale e sostenga la vita. Non sono cattivi o sbagliati in sé stessi. Il medesimo tipo di eventi naturali che causano sofferenza e angoscia, concorrono alla creazione di una straordinaria bellezza naturale. Forse, il problema è che come esseri umani abbiamo perso la nostra innata capacità di prevedere questi eventi naturali e quindi proteggerci da essi. Questo fatto potrebbe dipendere proprio dalla caduta di cui ci parla il libro della Genesi.

Di chi è la colpa?

Dove ci porta questa serie di speculazioni? Di fronte a qualsiasi tipo di sofferenza, è comprensibile il tentativo di attribuirne la colpa a qualcuno, e quindi di individuare un responsabile. E così, quando i bambini vengono uccisi in occasione di un evento naturale, potremmo essere indotti a puntare il dito su Dio e biasimarlo. Ma la realtà è che attraverso l’esperienza, la scienza e persino le Scritture sappiamo che come esseri umani viviamo in un mondo in cui siamo vulnerabili agli eventi naturali. Fanno parte del nostro pianeta. E come razza umana abbiamo risorse intellettuali e materiali per mitigare gli effetti di tali eventi.

Stiamo usando collettivamente e individualmente quelle risorse per aiutare gli altri? La realtà è che la stragrande maggioranza delle persone che soffrono e muoiono a causa di eventi naturali, sono quelle colpite dalla povertà, edifici mal costruiti, cattivo governo, corruzione o dalle condizioni ambientali che abbiamo ereditato a causa dell’egoismo di chi ci ha preceduto. Anche se siamo soliti accusare Dio di negligenza morale, di fatto, spesso è proprio l’umanità a essere colpevole.

Perciò, in che modo i cristiani vedono un terremoto o un’inondazione che uccide migliaia di persone? La cultura ebraica ai tempi di Gesù, aveva iniziato a teorizzare uno stretto legame causale tra il male morale e i disastri che si abbattono sugli individui. I giudei sembravano aver elaborato un teorema piuttosto semplice: “Le cose brutte accadono alle persone cattive”. Gesù respinse categoricamente un simile concetto quando fu interpellato a questo proposito:

“In quello stesso tempo vennero alcuni a riferirgli il fatto dei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici. Gesù rispose loro: «Pensate che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, perché hanno sofferto quelle cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, pensate che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti come loro»” (Luca 13:1-5).

Gesù fu interrogato riguardo a uno specifico episodio inquietante accaduto a quei tempi che aveva causato lutti e sofferenza. Gli fu chiesto se le persone che erano state assassinate da Pilato avessero fatto qualcosa per meritarlo. Il Signore ha ampliato la Sua risposta includendo la sofferenza casuale di quanti erano morti in occasione del crollo di una torre che era caduta rovinosamente e li aveva travolti. La Sua risposta in entrambi i casi è stata un enfatico “No”! I cristiani che seguono Gesù, di fronte a un disastro naturale non esclamano: “Caspita, quelle persone devono aver fatto qualcosa per meritarselo!”. I cristiani non devono giudicare quelli che soffrono, ma la sofferenza delle persone in occasione di simili catastrofi ci ricorda che la vita è breve e che non è tutto ciò che esiste. Ogni singola persona che sia vissuta morirà e dovrà affrontare il giudizio. I terremoti e gli altri disastri non possono essere interpretati come dei verdetti di condanna, ma sono promemoria in vista del giudizio. Possono essere letti come avvertimenti a non sentirci troppo a nostro agio in questa vita, nella convinzione di avere tutto sotto controllo e di non aver bisogno di Dio.

Rispondere come Gesù: con compassione, generosità, sacrificio

Ma soprattutto, quando un cristiano vede un terremoto o uno tsunami che uccide o danneggia le persone, dovrebbe ricordare che ogni individuo coinvolto in quel disastro è una persona preziosa che ha un valore reale. La sacralità della vita radicata nell’immagine di Dio è alla base della nostra risposta al disastro. Abbiamo buone ragioni per provare indignazione e dolore, ma anche delle legittime motivazioni per rispondere con compassione, generosità e sacrificio di sé. Questo è il motivo per cui, nonostante tutti i fallimenti della chiesa, ovunque abbiano operato i seguaci di Gesù, sono stati conosciuti per la loro carità e filantropia.

Il mondo antico non guardava con favore ai poveri. L’atteggiamento di Platone era emblematico a questo riguardo:

L’uomo che soffre la fame o simili disgrazie non merita pietà, ma lo è colui che, pur possedendo temperanza o virtù di qualche tipo … incontra anche la cattiva sorte. Non ci sarà mendicante nel nostro Stato; e se qualcuno tenta di implorare, e di raccogliere un sostentamento con preghiere incessanti, gli amministratori del mercato lo espellono dalla piazza e il Consiglio degli amministratori della città dalle mura, e in qualsiasi altro distretto, questi devono essere guidati oltre il confine dagli amministratori di campagna, fino a quando la terra sia completamente depurata da una tale creatura.

Al contrario di questo atteggiamento pervasivo, fin dai primissimi tempi, i cristiani erano conosciuti per la loro carità. Un libro paleocristiano, Il pastore di Erma, ha ripetutamente posto l’accento sul dovere dei credenti di prendersi cura delle vedove e degli orfani. Clemente di Roma, un altro scrittore che risale ai primi tempi della chiesa, elogiò l’ospitalità e nella sua lettera indirizzata ai cristiani di Corinto, la lodò come un merito di cui potevano andare fieri. Riferisce che molti cristiani andarono volontariamente in prigione per liberare gli altri, e molti di loro divennero schiavi in modo che il denaro pagato per il loro acquisto potesse essere usato per riscattare gli altri.

Nella sua Lettera a Policarpo, Ignazio afferma che le comunità hanno usato le loro risorse per riscattare gli schiavi. Questa è una tendenza che è continuata fino ai giorni nostri. Studi condotti negli Stati Uniti dimostrano che l’appartenenza a una chiesa è un fattore predittivo della generosità individuale e della beneficenza in generale, oltre a spingere a donare per le cause internazionali più specifiche. In Gran Bretagna, un rapporto dell’ente benefico Cinnamon Network nel 2016 ha stimato che due milioni di per – sone appartenenti a gruppi religiosi che sono per lo più volontari di chiese, offrono oltre 384 milioni di ore l’anno supportando vari progetti di consulenza finanziaria, sostegno familiare, progetti educativi, assistenza all’infanzia, cura delle categorie più emarginate, “banco alimentare”, eccetera. 288 milioni di quelle ore non sono retribuite.

E così ogni anno, milioni di persone ricevono supporto da cristiani desiderosi di seguire l’esempio di Gesù. Sono stati esaminati duemila gruppi di credenti in tutto il Regno Unito e, usando il salario nazionale per valutare il tempo messo a disposizione da tutti i gruppi, lo studio ha rilevato è stato donato alla collettività l’equivalente di 3 miliardi di sterline da persone mosse unicamente dalla loro fede. L’equivalente dello 0,4% della spesa pubblica totale prevista dal governo britannico pari a 743 miliardi di sterline per 2015/2016.

Usando le parole di Epicuro, possiamo porre la domanda: Dio è disposto o in grado di aiutare? È proprio in quest’arena che Gesù chiama la chiesa, per essere le Sue mani e i Suoi piedi in un mondo spezzato e morente.

Dio in Cristo, non è rimasto a debita distanza, ma ha affrontato il male nel nostro mondo decaduto soffrendo per noi sulla croce. E proprio come Cristo è morto per il bene degli altri, i credenti sono chiamati alla generosità, al sacrificio, a soffrire e anche a morire per il bene altrui. E le statistiche sembrano confermare che questo è esattamente ciò che sta accadendo.

Anche se la chiesa fallisce in molte cose, l’evidenza suggerisce che, a questo proposito, i veri cristiani continuano a seguire l’esempio fornito da Gesù.

Articolo tratto dal libro