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Il ravvedimento è … conversione

Tutto prende le mosse da Pentecoste: Gesù risorto si era manifestato ai Suoi discepoli nella sala di sopra quando soffiò su di loro lo Spirito e, poi, quando a Pentecoste lo sparse sui centoventi raccolti in preghiera in attesa dell’adempimento della promessa del Padre. Quando i presenti udirono i discepoli glorificare Dio nel loro proprio natìo linguaggio e furono indotti a chiedere di cosa si trattasse, Pietro, ripieno di Spirito Santo, annunciò l’Evangelo e lo Spirito Santo compunse il cuore dei presenti (Atti 2:37) e disse: “Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Poiché per voi è la promessa, per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, per quanti il Signore Dio nostro ne chiamerà. E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: ‘Salvatevi da questa perversa generazione’” (Atti 2:38); subito si aggiunsero alla chiesa circa tremila persone. La manifestazione dello Spirito Santo, l’annuncio appassionato della Parola e la promessa del dono dello Spirito Santo raggiunsero lo scopo voluto da Dio: la salvezza delle anime. Questo evento iniziale e straordinario si fece seguire da segni e prodigi (cfr. Ebrei 2:4). In un’occasione Pietro e Giovanni furono strumenti nelle mani di Dio per la guarigione di uno zoppo fin dalla nascita; il Signore guarì quell’uomo che, camminando e saltando nel tempio, lodava Dio. Pietro colse ancora l’occasione per annunciare l’Evangelo: la morte espiatoria e la risurrezione di Cristo, come detto dai profeti (cfr. Atti 3:1-18). Subito dopo aggiunse un appello finale:

Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati.

Il ravvedetevi accenna a un fatto interno; al cambiamento di quel pensiero, che dirige le azioni della vita. Il convertitevi accenna a un fatto esterno, al cambiamento del comportamento,e corrisponde all’ebraico tornare, incamminarsi in direzione opposta a quella nella quale siamo andati durante il tempo in cui siamo stati lontani da Dio.

La conversione, infatti, può essere definita come l’allontanamento dal peccato e il ritorno a Dio. Forse il versetto classico che cattura questa definizione è I Tessalonicesi 1:9 dove è scritto: “Essi stessi raccontano di noi quale sia stata la nostra venuta tra voi e come vi siete convertiti dagl’idoli a Dio per servire il Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il Figlio suo”. Qui vediamo chiaramente i due elementi della conversione, l’allontanarsi dagli idoli e il volgersi a Dio (cfr. Atti 14:15; 26:17, 18).

È sicuramente bello vedere le nostre chiese frequentate da “simpatizzanti” o “conoscenti”, ma la nostra preghiera è che tutti costoro si convertano, cioè operino una svolta nella loro vita, facciamo una reale esperienza di ravvedimento interiore e cambiamento esteriore.

La conversione nel Nuovo Testamento: dalla promessa alla realtà

La storia del trionfo di Dio sul serpente promessa nell’Antico Testamento (Genesi 3:15) diventa realtà nel Nuovo Testamento (cfr. Luca 1:31-35; Giovanni 14:30, 31; Colossesi 2:15). L’Antico Testamento prometteva un nuovo patto, una nuova creazione, un nuovo esodo e cuori nuovi per il popolo di Dio. Il compimento di tutte queste promesse è stato inaugurato dalla vita, dalla morte e dalla risurrezione di Gesù Cristo, annunciate nel Nuovo Testamento (cfr. Ebrei 8:8, 13; 9:15).

La conversione nei Sinottici

Nei Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca), le opere di salvezza di Dio promesse nell’Antico Testamento sono racchiuse nel termine “regno di Dio”. Il regno di Dio ha un ruolo centrale nei Sinottici, ma dobbiamo anche capire che il regno richiede la conversione. I due elementi della conversione possono essere descritti anche in termini di ravvedimento e fede. Come si legge in Marco 1:14, 15 che recita: “Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando l’evangelo di Dio e dicendo: ‘Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; ravvedetevi e credete all’evangelo’” (cfr. anche Matteo 4:17; Luca 10:9-11). La buona notizia del ritorno dall’esilio annunciata da Isaia, la buona notizia del compimento delle promesse salvifiche di Dio, sarà goduta soltanto da coloro che si ravvedono dai loro peccati e credono nell’Evangelo.

L’Evangelo nei sinottici è incentrato sulla morte e sulla risurrezione di Gesù, poiché la passione e la risurrezione di Gesù dominano la storia in tutti e tre i libri. È il culmine stesso della storia! Non c’è regno senza croce. Gesù “perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati” (Matteo 1:21), e questa salvezza si realizza soltanto attraverso la Sua morte, perché Egli ha dato “la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Matteo 20:28; cfr. Marco 10:45). Alcuni che parlano del regno parlano poco della conversione, ma anche un rapido sguardo ai Vangeli sinottici indica che la conversione è fondamentale. Non si può entrare nel regno senza di essa (cfr. Matteo 18:3; Marco 10:17-31; si veda, per inverso, Luca 19:1-10).

La conversione in Giovanni

La centralità della conversione è evidente anche nel Vangelo di Giovanni. Infatti, Giovanni ha scritto il suo Vangelo affinché le persone credano “… che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome” (Giovanni 20:31; cfr. 5:24; I Giovanni 5:1). Giovanni si serve del verbo “credere” 98 volte nel suo Vangelo, sottolineando l’importanza di questo tema nel suo Vangelo. In Giovanni il credere non è nemmeno un atteggiamento passivo. Giovanni si serve di diversi termini per trasmettere la profondità e l’opera della fede: credere è, per la sua essenzialità, paragonabile al mangiare, bere, vedere, ascoltare, rimanere, venire, entrare, ricevere e ubbidire… La natura radicale della conversione si manifesta attraverso i differenti verbi di cui Giovanni si serve per descrivere cosa significa credere che Gesù è il Cristo. La conversione [credere e cambiare], quindi, è il cuore del messaggio del Vangelo di Giovanni. La vita nuova, qui e ora, e la vita eterna appartengono soltanto a chi crede in Gesù come “l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo” (Giovanni 1:29; cfr. I Pietro 2:24; I Giovanni 3:5). In altre parole, soltanto chi crede e dà una svolta alla propria esistenza, seguendo l’Agnello avrà la vita eterna.

Conversione e Regno negli Atti

Dalla disamina del punto precedente appare chiaro che la conversione ha un ruolo centrale nei Vangeli, e possiamo trarre la stessa conclusione dal libro degli Atti. Negli Atti troviamo un certo numero di sermoni in cui l’Evangelo viene annunciato agli ascoltatori (ad esempio: Atti 2:14-41; 3:11-26; 13:16-41). Quelli che ascoltano sono spesso invitati al ravvedimento (Atti 2:38; 3:19; 8:22; 17:30; 26:20), accompagnato da una conversione, cioè un “volgersi a Dio” (Atti 3:19; 9:35; 11:21; 14:15; 15:19; 26:18, 20; 28:27). Il messaggio evangelico comporta un invito urgente ad abbandonare il peccato e la vecchia vita. Allo stesso tempo, chi ascolta la Buona Notizia è chiamato a credere e a esercitare la fede (Atti 16:31; 26:18). In effetti, la parola “credere” è usata quasi 30 volte negli Atti per descrivere i Cristiani, indicando che la fede caratterizza quelli che appartengono a Cristo.

Non sorprende che la conversione giochi un ruolo importante negli Atti, giacché registra la diffusione del Vangelo da Gerusalemme a Roma, ma va anche osservato che il “regno di Dio” è un tema importante negli Atti (Atti 1:8; cfr. anche 1:3, 6; 14:22; 19:8). Esso fa da cornice al libro all’inizio (Atti 1:3) e alla fine (Atti 28:31). Paolo predica “il regno” a Roma (Atti 20:25; 28:23, 31) e Filippo “annunciava loro la buona notizia relativa al regno di Dio e al nome di Gesù Cristo” (Atti 8:12), dimostrando che il regno è incentrato sul messaggio dell’Evangelo. Il Vangelo proclamato invitava gli ascoltatori, come abbiamo visto sopra, a ravvedersi e a credere. Abbiamo quindi un’altra prova che la conversione è fondamentale per qualsiasi annuncio del regno. La venuta del regno Dio è la gloriosa speranza dei credenti, ma soltanto coloro che si sono ravveduti e hanno creduto potranno entrare nel nuovo mondo che sta per arrivare. Coloro che si rifiutano di credere, come sottolineano spesso gli Atti, saranno giudicati.

La conversione nelle lettere di Paolo

Paolo non si serve frequentemente del termine “regno di Dio”, ma la sua visione escatologica del mondo è ben nota e si accorda con il carattere escatologico del regno. Come i Vangeli, egli proclama un’escatologia del “già ma non ancora”. La maggior parte degli studiosi della Bibbia concorda sul fatto che la fede e il ravvedimento sono temi cruciali nelle epistole paoline. Paolo insegna spesso che la giustificazione e la salvezza si ottengono soltanto mediante la fede (cfr. Romani 3:21-4:25; 9:30-10:17; I Corinzi 15:1-4; Galati 2:16-4:7; Efesini 2:8, 9; Filippesi 3:2-11). Non si serve più così spesso della parola “ravvedimento”, ma non è del tutto assente, anzi è implicito (ad esempio, Romani 2:4; II Corinzi 3:16; I Tessalonicesi 1:9; II Timoteo 2:25). Paolo si serve di molti termini per indicare l’opera salvifica di Dio in Cristo, tra cui salvezza, giustificazione, redenzione, riconciliazione, adozione, propiziazione e così via (cfr. II Corinzi 7:10; Efesini 1:7, 13, 14; Romani 3:24, 25; 5:11; 8:15). È indiscutibile che l’opera salvifica di Dio in Cristo rivesta un ruolo importante nella teologia paolina ma tale salvezza è concessa soltanto a chi crede, si ravvede e si converte.

Secondo l’apostolo Paolo, i credenti attendono con ansia il ritorno di Gesù Cristo e la restaurazione della creazione (Romani 8:18-25; I Tessalonicesi 4:13-5:11; II Tessalonicesi 1:10), ma soltanto coloro che si convertono faranno parte della nuova creazione che sta per compiersi. Per questo motivo, Paolo si impegna intensamente a diffondere il Vangelo ai Gentili (Colossesi 1:24-2:5), cercando di portare il Vangelo a quelli che non l’hanno mai ascoltato (Romani 15:22-29), affinché facciano parte del numero dei salvati.

La conversione nelle epistole generali

Le restanti lettere del NT sono scritti rivolti a situazioni specifiche. Tuttavia, l’importanza della conversione è dichiarata o implicita. Per esempio, in Ebrei troviamo che soltanto coloro che credono e ubbidiscono entreranno nel riposo finale (Ebrei 3:18, 19; 4:3; 11:1-40). Giacomo è stato spesso frainteso, ma interpretato correttamente insegna che per la giustificazione è necessaria una fede di ravvedimento (Giacomo 2:14-26). Anche Pietro insegna che la salvezza è per fede (I Pietro 1:5; II Pietro 1:1), e I Giovanni è stato scritto per assicurare a coloro che credono di avere la vita eterna (I Giovanni 5:13).

La conversione in Apocalisse

Il libro di Apocalisse culmina la storia, assicurando ai credenti che il regno di Dio, che è già venuto in Gesù Cristo, sarà consumato. Quelli che praticano il male e che scendono a compromessi con la Bestia saranno giudicati per sempre, ma quanti perseverano fino alla fine entreranno nella città celeste, che è la nuova Gerusalemme. L’Apocalisse rileva che soltanto chi si ravvede (Apocalisse 2:5, 16, 21, 22; 3:3, 19; 9:20, 21; 16:9, 11) troverà la vita.

Un tema fondante e fondamentale

In sintesi, la conversione non è certo il tema centrale della Scrittura, la redenzione in Cristo lo è. I credenti sono stati creati per glorificare Dio e gioire in Lui per sempre, e noi ci deliziamo in Lui e Lo glorifichiamo sia in questo mondo sia in quello a venire.

Ma la conversione è fondante e fondamentale per la storia, perché soltanto chi si converte potrà avere parte della nuova creazione. Ogni essere umano deve ravvedersi, credere in Dio, abbandonare il peccato e volgersi a Lui per essere salvato. Non basta essere un “simpatizzante” frequentare abitualmente una chiesa pensando che un adesione formale ed esteriore possa rendere qualcuno un figlio di Dio, ma bisogna ravvedersi e convertirsi credendo nell’Evangelo e seguendo Gesù in ubbidienza alla Sua Parola.

Sarà una magra consolazione, nell’ultimo giorno, dire al Signore che si è contribuito in una certa misura o anche in modo rilevante al miglioramento di questo mondo (per quanto sia utile), se non ci si converte. L’appello è più che mai attuale: “Ravvedetevi dunque e convertitevi, perché i vostri peccati siano cancellati” (Atti 3:19).

I Sentieri Biblici sono delle serie di studio e approfondimento pensate per indicare la “via della vita” a ogni credente desideroso di trovare nella Bibbia quella parola “utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).

Questi studi sono una risorsa gratuita che vogliamo mettere a disposizione per gruppi e chiese. Un’opportunità di riflessione, di applicazione pratica e formazione biblica.

Potrai scaricarli in pdf, stamparli e usarli liberamente nella tua comunità.

La nostra preghiera è che l’analisi di questi argomenti possa far diventare sempre più familiare “l’incontro con la Parola di Dio”, per rimanere sempre più “attaccati alla Parola fedele” (Tito 1:9) e praticare il “non oltre quel che è scritto” (I Corinzi 4:6).

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