Il ravvedimento è ... portare frutto - ADI-Media

Il ravvedimento è … portare frutto

Ravvedersi significa scambiare i nostri idoli con Dio. Prima di essere un cambiamento nel comportamento, deve essere un cambiamento nell’adorazione, nelle nostre priorità. Quanto è diverso dal modo in cui spesso pensiamo al ravvedimento.

Troppo spesso trattiamo il ravvedimento come una chiamata a ripulire sommariamente la nostra vita. Facciamo del bene per compensare il male. Cerchiamo di pareggiare la bilancia, o addirittura di riportarla sul lato positivo. A volte parliamo di ravvedimento come se fosse un proposito religioso e serio per il nuovo anno: “Non farò più arrabbiare i miei figli”. “Non guarderò mai più immagini pornografiche “. “Non imbroglierò mai più sul posto di lavoro”. “Smetterò di parlare del mio capo alle sue spalle”…

Falso ravvedimento

Ma anche se ripuliamo il nostro comportamento in un aspetto o in un altro, il nostro cuore può ancora essere devoto ai nostri idoli. I farisei sono un esempio evidente al proposito. Erano le persone più educate della Palestina, il tipo di persone che avremmo voluto come vicini di casa. Non lasciavano mai che i loro figli giocassero a pallone davanti casa tua nelle ore di riposo. Non organizzavano feste e schiamazzi notturni e non lasciavano mozziconi di sigaretta nella tua aiuola, fazzoletti di carta o bottigliette vuote davanti al tuo marciapiede. Si prendevano sempre cura dei loro cani. Erano persone oneste. Ma Gesù li chiama sepolcri imbiancati: puliti all’esterno, corrotti all’interno (cfr. Matteo 23:27; Luca 11:44; Atti 23:3). Con questa immagine, il Signore va subito alla radice del male per dichiarare, in altri termini: “Il vostro cuore non è un tempio dove adorare il Dio vivente, ma un sepolcro pieno di corruzione; e la vostra religione non è che un sottilissimo intonaco che lo ricopre”. Il punto è che non sono soltanto le persone cattive a essere idolatre. Anche le persone buone, morali e persino religiose sono idolatre. Il ravvedimento è una cosa seria, che non riguarda soltanto l’aspetto morale ed esteriore di una persona, ma ciò che siamo e non ciò che appariamo. Ci sono troppi doppiogiochisti della fede in giro! Ecco anche perché Giovanni il battista incalza quei farisei e sadducei che andavano da lui per essere battezzati pensando, in quel modo, di risolvere la questione del loro peccato, ma egli dice loro: “Fate dunque dei frutti degni del ravvedimento” (Matteo 3:8). Infatti, l’apostolo Pietro dirà che il battesimo: “… non è eliminazione di sporcizia dal corpo, ma la richiesta di una buona coscienza verso Dio, il quale ora salva anche voi, mediante la risurrezione di Gesù Cristo” (I Pietro 3:21).

A volte parliamo di ravvedimento come se si trattasse del pentirsi e basta, del sentirsi male o in colpa per il proprio comportamento. Ci sentiamo in colpa se siamo scoperti. Ci sentiamo in colpa se non siamo scoperti. Ci sentiamo in colpa se abbiamo deluso qualcuno o noi stessi. Non c’è dubbio che il ravvedimento richieda la convinzione della propria colpa, ma ci si può sentire in colpa e continuare ad amare il peccato di cui si è colpevoli. Chiunque abbia ceduto al peccato nelle sue più variegate forme può dirlo: “Lo stolto che ricade nella sua follia è come il cane che torna al suo vomito” (Proverbi 26:11). Il ravvedimento, però, non è un sentimento. Non è come ti senti, ma come sei: non riguarda l’epidermide della tua vita, ma il tuo carattere, la tua persona dentro.

Il vero ravvedimento

Giovanni il battista aveva centrato il bersaglio: il vero ravvedimento non significa manifestare buoni propositi, quanto piuttosto, dei buoni frutti. Di fatto, si presenta come un cambiamento di vita che prende le mosse dalla consapevolezza di aver offeso Dio con la propria condotta, accompagnata dalla ferma determinazione di abbandonare il proprio peccato per vivere secondo la volontà del Signore, così come espressa nella Bibbia. È vano professare una religiosità di facciata; è fondamentale, invece, manifestare dei frutti che attestino l’abbandono del peccato e un cambiamento di vita certificato da una trasformazione del carattere e della condotta: i frutti (cfr. Efesini 4:17; 5:3-8; Galati 5:19-21; Colossesi 3:5-8, 12-17; I Pietro 4:3, 4).

Ravvedersi significa essere compunti nel cuore dallo Spirito Santo a causa del nostro peccato, non dalla cattiveria delle nostre azioni, ma dal tradimento del nostro cuore nei confronti di Dio (cfr. Atti 2:37-39).

Il ravvedimento, perciò, è una trasformazione radicale della mente e del cuore che porta a un cambiamento radicale. È una trasformazione interiore che si basa sulla consapevolezza del proprio peccato e dell’amore di Dio e che si manifesta con un carattere arreso al Signore e rinnovato dall’opera dello Spirito Santo (cfr. Galati 5:22; Filippesi 1:10, 11; Colossesi 1:9, 10).

Gesù parlò più volte dell’albero buono che fa buoni frutti e dell’albero cattivo che ne produce di cattivi (cfr. Matteo 7:17; 12:33) e assomigliò i Suoi discepoli a dei tralci uniti alla vite che portano molto frutto (cfr. Giovanni 15:1-8, 16). Paolo, poi, parla del frutto della luce che consiste in “tutto ciò che è bontà, giustizia e verità” (Efesini 5:9), e dice di “portare frutto a Dio” alludendo alla santificazione (cfr. Romani 7:4; 6:21, 22).

In Galati 5:22 si parla proprio di questo frutto e vi sono elencate nove virtù, che sono il contrapposto delle disposizioni carnali indicate nei versetti precedenti e che riguardano l’essere trasformato di un credente che si ravvede, si converte ed è guidato dallo Spirito Santo (cfr. Galati 5:16-18). In costui si vede, per primo, il frutto dell’amore, che comprende virtualmente tutte gli altri. In Romani 15:30 è definito “l’amore dello Spirito”, che ci è stato donato da Dio (cfr. II Timoteo 1:7); Paolo, inoltre, lo definisce “il vincolo della perfezione” (cfr. Colossesi 3:14) e ne celebra l’eccellenza e la permanenza eterna in I Corinzi 13:4-7, 13. Il credente che si è ravveduto, e sta sperimentando un’autentica conversione, è un credente che mostra il frutto dell’amore.

La gioia non è la gaiezza di temperamento, ma la gioia profonda e santa che inonda l’anima perché è generata dallo Spirito, conscia e certa dell’amore di Dio e della propria salvezza (cfr. Luca 10:20). È chiamata perciò “… la gioia che dà lo Spirito Santo” (cfr. I Tessalonicesi 1:6). Quando dall’alto ci sorride l’amore di Dio e la coscienza si mantiene pura, la gioia sgorga anche in mezzo alle tristezze. Infatti, Paolo e Sila cantavano inni a Dio nel carcere di Filippi (cfr. Atti 16: 23-25; vedi anche Romani 12:12; I Tessalonicesi 5:16; Filippesi 4:4). Il credente che si è ravveduto, e sta sperimentando un’autentica conversione, è un credente che mostra il frutto della gioia.

Per pace s’intende la pace con Dio (cfr. Giobbe 22:21; Romani 5:1) e con il prossimo, ossia della disposizione a vivere in pace con tutti. L’essere in pace con Dio rende più facile il vivere in pace cogli uomini (cfr. Ebrei 12:14; Matteo 5:9), “Perché il regno di Dio non consiste in vivanda né in bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (cfr. Romani 14:17, 19; Efesini 4:3; Romani 12:18). Il credente che si è ravveduto, e sta sperimentando un’autentica conversione, è un credente che mostra il frutto della pace.

La pazienza, invece, è virtù “passiva”, cioè che sopporta pazientemente i torti inflitti da altri senza lasciarsi andare all’ira o alla vendetta. Talvolta arrivano le prove e mettono a dura prova il nostro carattere, la nostra pazienza, ma quelle afflizioni sono volte a forgiarlo, a migliorarci e un credente che mostra i frutti del ravvedimento lo farà anche mostrando, oltre all’amore, la gioia e la pace, anche la pazienza (cfr. Romani 5:3, 4; II Corinzi 6:3-6; Colossesi 3:12; II Pietro 1:6).

La benevolenza è quella disposizione d’animo, amabile e servizievole (cfr. Efesini 6:7) caratterizzata dall’umiltà e dalla semplicità. Un credente benevolo non è uno che si mette in mostra ma che desidera il bene degli altri, senza aspettarsi alcun contraccambio, e desidera dare gloria a Dio (cfr. Efesini 6:5, 6; I Corinzi 10:31). La benevolenza certifica il carattere di chi è proteso a “voler bene” e a “fare del bene”. La piccola fanciulla d’Israele, fatta prigioniera da una banda di Siri, e venduta alla moglie di Naaman come schiava, è la prova di chi vuole bene, anche al proprio padrone e, invece, di gioire del fatto che il generale fosse colpito dalla lebbra, cerca il suo bene, mandandolo da Eliseo per essere guarito e per testimoniare della potenza del suo Dio (cfr. II Re 5:2, 3).

La bontà è una virtù più attiva, propria di chi cerca il bene del prossimo e si adopera nel procurarlo. I salmi sono costellati di questo attributo morale di Dio, che esalta la bontà del Signore in favore del Suo popolo. Questa parola, spesso, è accostata a un’altra che evidenzia non soltanto il carattere di Dio, ma anche quello di chi mostra i frutti del ravvedimento: la fedeltà, oltre che la giustizia e la verità (cfr. Proverbi 20:6; Efesini 5:9). La fedeltà di cui si parla qui può anche essere sinonimo di buona fede, di onestà, di affidabilità. Sembra, inoltre, che rivesta quel significato che si pone tra le parole bontà e mansuetudine, che vuol dire “mitezza”, virtù propria di Gesù (cfr. II Corinzi 10:1). È l’esatto opposto dell’irascibilità; essa va esercitata nel rapporto con gli altri (cfr. Efesini 4:1, 2; Colossesi 3:12) e va a braccetto con la modestia, il rispetto e la saggezza (cfr. Giacomo 3:13; I Pietro 3:16).

Ultimo frutto, ma non meno importante, è quello proprio di chi si è autenticamente ravveduto e si fa condurre dallo Spirito Santo: l’autocontrollo; come indica la parola greca, vuol dire “avere padronanza di sé”, “sapersi contenere entro giusti limiti”. È l’opposto di chi si lascia andare ai peccati di sensualità come agli eccessi nel mangiare e nel bere (cfr. Proverbi 16:32; 25:28; II Timoteo 1:7; II Pietro 1:5-7).

I frutti degni del ravvedimento, in ultima analisi, sono i segni che una persona ha veramente sperimentato questo cambiamento; sono un segno di una vita trasformata da Dio e sono la prova tangibile che una persona ha veramente sperimentato il perdono e la nuova vita in Cristo.

Ecco alcuni semplici esempi di frutti degni del ravvedimento:

•          Una persona che era egoista e arrogante, diventa umile e disponibile.

•          Una persona che era violenta e offensiva, diventa pacifica e amorevole.

•          Una persona che era infedele e bugiarda, diventa leale e onesta.

•          Una persona che era indifferente alle cose del Signore, diventa interessata a Dio e alla Sua Parola.

È importante notare che i frutti del ravvedimento non compaiono immediatamente. È un processo che richiede tempo e impegno (cfr. II Pietro 1:5 e segg.). Tuttavia, se una persona si è veramente ravveduta dei propri peccati e ha deciso di seguire Cristo, i frutti del ravvedimento cominceranno a manifestarsi nella sua vita.

Questo benedetto processo di trasformazione, che può essere anche definito “santificazione progressiva”, inizia in un momento, ma continua in una vita di dedizione, servizio e di amore verso Dio e verso gli altri.

Stai portando frutto nella tua vita cristiana? Un cristianesimo a parole serve a poco, uno autenticato dai frutti del ravvedimento è quello genuino. Dio ci aiuti!

I Sentieri Biblici sono delle serie di studio e approfondimento pensate per indicare la “via della vita” a ogni credente desideroso di trovare nella Bibbia quella parola “utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).

Questi studi sono una risorsa gratuita che vogliamo mettere a disposizione per gruppi e chiese. Un’opportunità di riflessione, di applicazione pratica e formazione biblica.

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La nostra preghiera è che l’analisi di questi argomenti possa far diventare sempre più familiare “l’incontro con la Parola di Dio”, per rimanere sempre più “attaccati alla Parola fedele” (Tito 1:9) e praticare il “non oltre quel che è scritto” (I Corinzi 4:6).

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