Io amo la mia chiesa perché ... sono parte di un'unico corpo - ADI-Media

Io amo la mia chiesa perché … sono parte di un’unico corpo

In una società dove si esalta l’individualismo e l’egoismo c’è sempre più bisogno che i credenti siano consapevoli di un’altra realtà: essere parte di un insieme di credenti con qualità e personalità diverse, ma parti dello stesso corpo: la Chiesa.

La Chiesa di oggi attraversa un periodo difficile. Potremmo addurre tante scuse: il Covid, la mondanità, gli scandali che avvengono nell’ambito religioso in generale e che hanno a che fare con denaro, sesso e potere, la sua ingerenza nel mondo della politica e i suoi slogan “accattivanti” che non sono altro che irrilevanti. Non c’è da stupirsi che molti – compresi i cristiani professanti – si siano raffreddati spiritualmente e, addirittura, sviati. D’altronde, non è forse Gesù stesso che ci mette in guardia con le parole: “E poiché l’iniquità sarà moltiplicata, l’amore dei più si raffredderà” (Matteo 24:12; cfr. II Timoteo 3:1-9).

Tuttavia, come cristiani evangelici, crediamo che Cristo abbia fondato una Chiesa visibile formata da coloro che il Signore ha redento e di cui Egli è il capo (cfr. Matteo 16:18; Colossesi 1:18). Mentre sempre più “credenti” dicono: “Non ho bisogno della Chiesa perché ho un rapporto personale con Gesù, posso pregare anche a casa mia…”, noi diciamo che Cristo salva i peccatori individualmente, ma lo fa attraverso i membri della sua Chiesa, grazie all’annuncio dell’Evangelo, e lo fa anche per portare questi peccatori in comunione con il suo Corpo, la Chiesa (cfr. I Corinzi 12:12; Atti 2:42).

“Non c’è salvezza al di fuori della Chiesa”

Mentre qualcuno attribuisce erroneamente questa frase a Origene in una sua omelia sulla storia di Raab, l’espressione contenuta nell’Epistola 72 di Cipriano a papa Stefano è la seguente: “Salus extra ecclesiam non est”. Nella lettera al papa, Cipriano, vescovo di Cartagine, comunicava i risultati del concilio riunitosi nella stessa Cartagine nel 256, sostenendo la necessità di impartire nuovamente il battesimo agli eretici pentiti (a coloro che virtualmente si collocavano al di fuori della Chiesa, ma che vi volevano rientrare), contro la posizione del vescovo di Roma,[1] sostenitore invece della semplice imposizione delle mani.

Cipriano assunse questa posizione perché la Chiesa, a suo avviso, era troppo permissiva nel riaccogliere quanti avevano rinnegato la loro fede durante la persecuzione di Decio Traiano nel 250. Una parte della risposta di Cipriano a questi seguaci di Novaziano [Katharoi, ovvero “Puri”], era che “al di fuori della Chiesa non c’è salvezza”, cioè che al di fuori del vescovo di Roma non c’è salvezza.

L’espressione definisce la necessità del fedele che voglia guadagnare la salvezza e la vita eterna di restare in seno alla Chiesa, affermando, in altri termini, che non vi può essere prospettiva di redenzione al di fuori di essa.

Ciò che è così interessante per noi che viviamo in una cultura individualista è che gli stessi Riformatori non hanno mai rifiutato questa frase. Gli esempi abbondano. Nelle sue Istituzioni, Giovanni Calvino disse riguardo alla chiesa: “Inoltre, lontano dal suo seno non si può sperare in alcun perdono dei peccati o in alcuna salvezza”. Teodoro di Beza ha riconosciuto egli stesso che la Chiesa è “la compagnia e la comunità dei santi e senza la quale non ci può essere salvezza”.

Ovviamente, sappiamo bene che la salvezza è soltanto in Cristo Gesù, ma pure che la Chiesa è il Suo corpo sulla terra: la comunità dei credenti salvati dalla Sua opera di grazia compiuta sulla croce, grazie alla quale chiunque crede sarà salvato.

Alla Chiesa Gesù ha dato le chiavi del regno: la predicazione dell’Evangelo, potenza di Dio per chiunque crede (Matteo 16:18, 19; Romani 1:16; 10:14-17). Alla Chiesa si aggiungevano ogni giorno i salvati (Atti 2:47). Per la Sua Chiesa Gesù Cristo è morto (Efesini 5:25-27). Per questo motivo la Chiesa è descritta come il tempio di Dio (I Corinzi 3:16; Efesini 2:11-22) e la madre dei fedeli (Galati 4:26). Ciò significa che Dio ha disposto che la salvezza sia offerta al mondo non a casa, né in spiaggia, né nel gregge di un mercenario (Giovanni 10:12; cioè la falsa Chiesa); pertanto, la salvezza è disponibile dove si ode distintamente la voce di Cristo, dove si annuncia l’Evangelo. Se volete esporre a un amico non cristiano la salvezza in Cristo, c’è un luogo in cui vi è promesso che ne sentirà parlare: la Chiesa. Non portereste il vostro amico al centro commerciale perché Cristo non ha promesso di salvare lì.

La necessità dell’appartenenza alla Chiesa

Quelli che sono salvati vengono accolti nella comunità dei salvati. Come dice la Scrittura, le membra di Cristo si trovano nel Corpo di Cristo (Atti 4:32; Romani 12:4, 5; I Corinzi 12:12-31).

L’idea di “appartenenza alla Chiesa” è data per assunta e insegnata nelle Scritture perché i cristiani appartengono a Cristo e gli uni agli altri.

  • In primo luogo, il Libro della Vita è l’archetipo celeste dei registri terreni dei membri di Chiesa (Ebrei 12:23; cfr. Salmo 87:4-6).
  • In secondo luogo, il libro degli Atti parla della salvezza in termini di aggiunta da parte del Signore di un numero “contabilmente parlando” di persone a un gruppo definibile (Atti 2:41, 47; 5:14). Questo numero di discepoli si distingueva da quello che Luca chiamava “il popolo” (Atti 4:23; 5:13). L’appartenenza a questo gruppo era visibilmente significata dall’ordinamento del battesimo, che rappresentava l’attraversamento del confine del mondo nella comunità del patto, e dall’ordinamento della Cena del Signore, che era il segno visibile del mantenimento della comunione nella comunità (Atti 2:41, 42).
  • In terzo luogo, i pastori e gli anziani della chiesa devono prendersi cura del gregge di Dio (ad esempio, Atti 20:28; Efesini 4:11). Si presume che questi conduttori non avessero dubbi su chi fossero queste persone. In effetti, esistevano persino elenchi di vedove cristiane che potevano beneficiare del servizio di beneficenza della Chiesa (I Timoteo 5:9).

Infine, la disciplina ecclesiastica è descritta come un cambiamento di status e di relazione tra un individuo che non si ravvede e la Chiesa (I Corinzi 5).

Inoltre, le metafore fondamentali del Nuovo Testamento che Gesù e i Suoi apostoli hanno usato per descrivere l’intima unione tra Gesù Cristo e la Sua Chiesa ci insegnano la necessità e la natura della vera appartenenza biblica alla Chiesa: la vite e i tralci (Giovanni 15), il pastore e le pecore (Giovanni 10), il tempio e le pietre (I Pietro 2), il corpo e le membra (Romani 12), nonché la sposa e lo sposo (Efesini 5).

Per questo i membri di Cristo e del Suo Corpo devono “mantenere l’unità dello Spirito nel vincolo della pace” (Efesini 4:3), sottomettersi alla dottrina e alla disciplina della Chiesa di Cristo (Ebrei 13:17), prendersi cura dei poveri e sostenere quanti si adoperano al ministerio della Parola (I Corinzi 9; Galati 6:6) e servire nella Chiesa (Efesini 4:12, 16; I Corinzi 12:7, 27).

Nonostante lo scettiscismo che alcuni manifestano nei confronti della Chiesa nel nostro tempo, che è comprensibile data la sua condizione attuale, i nostri predecessori nella fede, in un’epoca peggiore della nostra, continuavano a frequentare gli incontri di Chiesa per essere nutriti e nutrire spiritualmente i figli di Dio e per essere il mezzo attraverso il quale la salvezza sarebbe stata annunciata al mondo, perché era la Chiesa di Cristo, e non la Chiesa di un uomo qualsiasi.


[1] Karl Baus e H. Jedin, Storia della Chiesa, su books.google.it, vol. 1, Milano, 1972. 

I Sentieri Biblici sono delle serie di studio e approfondimento pensate per indicare la “via della vita” a ogni credente desideroso di trovare nella Bibbia quella parola “utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).

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